Nella corrida della manovra economica, come un baldanzoso torero nell’arena delle pensioni, il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti assesta l’ultima banderilla. La pianta sui lavori usuranti e sui lavoratori precoci. Un colpo secco, senza fronzoli: il Fondo scende da 233 a 194 milioni, le finestre d’uscita si allargano, ci si ritira più tardi. Sangue e contributi. Olé! Applausi tra i contabili del Mef e i tecnocrati di Bruxelles, disperazione tra chi contava i giorni per l’agognato riposo.
Dunque il muro alzato dai luogotenenti della Lega, il suo partito, contro i tagli al riscatto della laurea e all’aumento delle finestre che aveva ideato – la precedente banderilla sui pensionati per passare dalla riforma Fornero alla “turbo Fornero” – non lo hanno per nulla intimidito. Del resto il ministro, tra una manovra e l’altra, è arrivato alla 29esima legge di bilancio, come ha spiegato fugacemente in Senato ai cronisti con una punta di orgoglio misto a sdegno. Non ha alcuna intenzione di dimettersi, forte della stima dei cosiddetti “poteri forti” a cominciare da Mario Draghi. Il suo mantra: tutto deve essere realizzato “a saldi invariati”, che fa da contraltare a quello di Salvini ripetuto da 14 anni: aboliremo la legge Fornero. Ma bisogna far quadrare i conti, ripete il ministro, che non dà quasi mai interviste (la sua addetta stampa non si degna di rispondere nemmeno al telefono) e sceglie lui – quelle rare volte che ne ha voglia - a chi affidare il suo verbo, solitamente un foglio governativo.

Un leghista atipico questo Giorgetti, che sembra guardare più a Via Nazionale che a Via Bellerio. Bocconiano di Cazzago Brabbia, 778 anime in provincia di Varese, la terra di Bossi e del povero Bobo Maroni, colto, competente e preparato, leghista della prima ora. Leghista? Sì, mah, però… Questo accanimento nel trasformare i diritti acquisiti dei lavoratori in variabili di bilancio, da tagliare con il bisturi, in linea con i tecnocrati europei più oltranzisti e i funzionari del Mef più ostinati, provoca non pochi mal di pancia tra i leghisti della prima e della seconda ora. Giorgetti pensa solo al rating, si fida troppo dei tecnocrati di Bruxelles, si dice. Certe volte sembra un ministro di un Paese “frugale”, tipo Olanda o Lussemburgo. Un leghista europeista, in fondo è un po’ un ossimoro. E’ vero che da sempre c’è una Lega di lotta e una di governo, diceva l’Umberto Bossi, ma non di lotta e di governo Draghi o di governo Monti! Eppoi i bilanci, direbbe il vecchio Prosperini, commercialista, ex ministro e leghista anche lui della prima ora, sono quanto di più creativo possa esistere. Un po’ di fantasia, per diamine, aggiungerebbe l’ex ministro Tremonti! Lo sanno tutti che dietro i numeri dei bilanci ci sono uomini in carne e ossa. Lo diceva persino la premier Giorgia, quando era all’opposizione («il rating? Lo decidono le agenzie private, che curano interessi privati, il debito dello Stato se ne può tranquillamente fregare del rating, dovrebbero essere indagate per diffamazione e conflitto d'interessi, specialmente in relazione a crisi bancarie». La Sette, 29 maggio 2018, lo trovate in Rete).

Questo governo non sembra dimostrare una grande attenzione verso la base del popolo leghista. Prendiamo chi dopo una vita di fatiche logoranti spera di riposarsi in santa pace: conducenti di mezzi pesanti, muratori, magazzinieri da 40 anni alle prese con il muletto, addetti alle linee di catena, minatori, operai degli altiforni, gente che ha iniziato giovanissima in mezzo alle vernici tossiche, spaccandosi la schiena. Magari qualcuno di loro andava anche sul sacro prato di Pontida ad applaudire e ora scopre che di quell’erba ne deve ancora mangiare prima di andare in pensione. L’esecutivo ha anche deciso di eliminare la possibilità di cumulare la previdenza complementare con quella pubblica per anticipare la pensione di vecchiaia, una norma che avrebbe dovuto garantire flessibilità e che invece viene sacrificata per recuperare oltre 130 milioni di euro entro il 2035. Tra una banderilla e l’altra siamo ormai il Paese con l’età pensionabile più alta d’Europa. Dunque il segreto è vivere a lungo e soprattutto sani. Gli elettori leghisti queste cose se le ricordano e tra un po’ si vota. Salvini, quello che “vi autorizzo a spernacchiarmi se non cancelleremo la legge Fornero” e che aveva mandato persino i leghisti sotto casa dell’allora ministra, ormai pare che a Giorgetti non parli più, timoroso che alle prossime politiche un pernacchio alla Totò si levi da Bolzano a Marsala. Ma il Giancarlo Giorgetti di Cazzago Brabbia ha voluto dimostrare ieri che il ministro c’è. Si è presentato in mattinata in Commissione bilancio. Tra stanchezza e fatalismo ha detto che per lui le dimissioni sono un’idea che torna «tutte le mattine» ma non si dimette. E dunque sa che il caos generato dal vecchio maxi-emendamento che lui stesso ha presentato è «naturale». Una naturalezza, si direbbe, un po’ anomala. Per Giorgetti conta «solo il prodotto finale». A questo punto l’unica forma di resistenza potrebbe essere quello che ha colpito l’omologa di Giorgetti, la cancelliera dello Scacchiere britannica, Rachel Reeves, bandita dal suo pub preferito a causa degli aumenti delle tasse. Dunque i pensionati sono nelle mani del bar locale di Cazzago Brabbia, in quel di Varese, dove il ministro si ritempra nei weekend per dimenticare gli affanni romani. Pare che Salvini stia sondando il gestore.