Si chiama Semi di libertà, ossia lavorare la terra per sentirsi più liberi, ed è una vera e propria azienda vivaistica gestita dai detenuti del carcere della Dozza di Bologna. E’ già cominciato il recupero della grande serra del carcere e dello spazio verde dove verranno coltivate piante tradizionali con un particolare occhio di riguardo per le aromatiche con certificazione bio, oggi richiestissime sul mercato. Tutta la produzione sarà rivolta infatti alla commercializzazione oltre che al consumo interno. Il progetto d’impresa, che promuove la formazione professionale sull’agricoltura biologica allo scopo di “rompere il circolo di recidive dei detenuti”, come si legge nel manifesto, è curato dal Cefal, l’ente di formazione professionale accreditato dalla Regione Emilia Romagna, in collaborazione con la Cooperativa Pictor e con la Facoltà di Agraria. Saranno infatti proprio i docenti dell’Alma mater a fare lezione ai detenuti del carcere per trasformarli in agricoltori e vivaisti. Dopo la formazione partirà un’impresa vera e propria con la commercializzazione della produzione.
Tutte le coltivazioni avranno certificazione biologica. Verrà inoltre costruito un impianto fotovoltaico per garantire la massima autonomia dal punto di vista energetico dell'ambiente destinato a vivaio.

La convenzione per il decollo del progetto è stata siglata tra Comune, Casa Circondiariale Dozza, Università di Bologna, associazione Il Poggeschi per il carcere, Cefal, cooperativa sociale Pictor e associazione Streccapogn. Si tratta di un percorso innovativo che terminerà nel dicembre 2018, che vede una collaborazione in rete tra pubblico e privato. C'è infatti anche il fondamentale contributo della Fondazione Del Monte. Semi di libertà consentirà ai detenuti coinvolti l'acquisizione di abilità professionali utilmente spendibili sia all'interno del carcere nella fase detentiva sia nella comunità locale dopo la scarcerazione.