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Se da un lato continua ad aumentare inesorabilmente, nell’indifferenza del governo italiano e dell’Europa, il bilancio dei migranti morti in mare - oltre 28mila i morti accertati negli ultimi 10 anni di cui almeno 1.143 minori - dall’altro lato, l’ultima tragedia nel Mediterraneo espone in modo evidente le responsabilità di chi quelle vite avrebbe il compito di preservarle. Il naufragio del gommone andava avanti da 7 giorni, 168 ore di Sos ignorati nella Sar libica con quasi 100 persone a bordo che chiedevano aiuto: quando la nave umanitaria Ocean Viking, bloccata in porto fino a pochi giorni fa perché sono inchiesta ha effettuato il suo intervento ha trovato 25 persone affamate, ustionate e traumatizzate per aver gettato in mare 60 compagni morti di stenti. Il tutto in un tratto di mare rimasto privo di soccorsi, visto che tre navi delle Ong, Sea Watch 4 e 5 e Humanity1, sono sotto sequestro nei porti italiani per via delle leggi e dei decreti che ostacolano il soccorso in mare, varati dal Conte 1 - mai affossati completamente dai successivi governi - e dell’attuale governo Meloni.
«È drammatico sapere che delle persone sono morte di fame e di sete perché rimaste in mare senza essere soccorse», sottolinea Monsignor Pierpaolo Felicolo, direttore generale di Fondazione Migrantes. Che aggiunge: «Lo scenario delle migrazioni verso l’Italia e l’Europa crescerà sempre di più, perché molti Paesi sono alle prese con gli effetti della crisi climatica, con l’instabilità politica in Asia, in Medioriente e in Africa, soprattutto nell'area subsahariana. Questo non farà altro che creare ulteriori movimenti di persone disperate che partono sapendo che il dramma del viaggio, per mare, ma anche via terra come sulla cosiddetta rotta balcanica, sono rischiosissimi».
Il nuovo drammatico episodio intercettato da Ocean Vikings indebolisce la democrazia italiana ed europea, «perché indebolisce la tutela dei diritti umani di cui i Paese devono essere garanti: dal diritto alla vita al diritto di migrare, al diritto di protezione internazionale. Mentre queste morti non possono che generare vergogna, e chiedono a gran voce un reale impegno europeo per un’operazione Mare nostrum, che metta strettamente in collaborazione le istituzioni europee, i 27 Paesi, con la società civile e le organizzazioni non governative che vanno in mare o sono presenti sulle rotte migratorie per salvare le vite. Questo è il primo passo, il secondo è lavorare sull’accoglienza diffusa nel territori italiani ed europei».
Se questa è la via umana, prima ancora che umanitaria, non sembra essere quella che intende intraprendere il governo italiano che tiene le navi delle Ong sequestrate in porto, che assegna loro approdi nelle regioni del Nord per sbarcare i migranti salvati in mare, e lavora all’esternalizzazione della gestione di chi arriva e chiede asilo politico o un permesso di soggiorno. A riguardo basta guardare all’accordo tra Roma e l’Albania.
«Credo inoltre - continua Mons. Feliciolo - che la collaborazione delle istituzioni europee con i Paesi del Nord Africa non possa limitarsi a interessi energetici, sempre e comunque a nostro favore, o al sostegno alla guardia costiera locale per impedire i viaggi della speranza, ma deve portare a un canale umanitario permanente e controllato nel Mediterraneo verso l’Europa per garantire viaggi sicuri ed evitare tragedie. I migranti meritano un’accoglienza degna e non rimbalzati con palline da ping-pong. Le risorse ci sono sia in Europa, che in Italia – ha concluso il direttore di Fondazione Migrantes – e vanno investite nella tutela della vita, nell’accompagnamento delle persone non in muri o campi disumani. La vita e il futuro dell’Europa dipende da come si accolgono, tutelano e integrano le persone in cammino, anche attraverso il lavoro».



