Sofia Goggia ha vinto la prima discesa libera olimpica della storia azzurra dopo Zeno Colò nella notte italiana tra il 20 e il 21 febbraio 2018. È vero: lo dicono le immagini della Tv, il medagliere, il sito ufficiale dei Giochi e così sarà per sempre, perché il titolo olimpico non scade come uno yogurt all’edizione successiva. Quello che i documenti non dicono, però, è che Sofia ha vinto davvero quella gara qualche giorno prima, quando in testa all’intermedio, s’è mangiata la medaglia d’oro in SuperG con un errore nel finale. Ma invece di pensare a quello che aveva perso ha cominciato a pensare a quello che ancora avrebbe potuto vincere.

Lo sappiamo perché ha fatto una cosa che di solito gli atleti, iperconcentrati sull’obiettivo nel momento clou, non fanno: ha reso pubbliche le sue riflessioni di quelle ore con un post su Facebook carico di un’autoanalisi straordinariamente lucida e autentica.

Non un’operazione di marketing come capita di questi tempi in cui lo sport è diventato social o un dovere cui ottemperare per esigenze per così dire di servizio: Sofia ha pubblicato una riflessione vera che nessun portavoce, nessun addetto stampa avrebbe potuto scrivere al posto suo. Ha raccontato le sue sensazioni fisiche sulla neve, sensazioni belle nonostante la sconfitta, e poi ha concluso: «Poche volte quest'anno sono stata così autentica sugli sci. E poi ho sbagliato.Una spigolatina che mi è costata cara, carissima. E poi ho ripreso, anche se avevo avvertito di aver perso tanto; non sai mai quello che può succedere. In fondo, lottare, è una delle cose che meglio mi vengono e che da sempre faccio. Ci ho provato sul serio, dannazione. Ho dato e messo tutta me stessa su questa pista, su quel tracciato oggi. La miglior Sofia che la giornata potesse richiedere. Ma non è stato abbastanza. Perché non ho ottenuto ciò che conta qui: la medaglia. E domani il sole sorgerà di nuovo. Lo guarderò, metterò i miei sci in spalla e con un sorriso andrò ad affrontare la prova di discesa: libera».

Queste righe, che dicono di un'autoconsapevolezza rara, sono datate 17 febbraio ore 14.06, poche ore dopo il SuperG buttato al vento. Se Sofia avesse sprecato quel tempo a recriminare con sé stessa sull’occasione persa, avrebbe sprecato energie mentali preziose e probabilmente sparato a salve la cartuccia che aveva ancora in canna viste le buone sensaizioni, rovinando anche la discesa libera ancora da venire. E invece si è ascoltata ed è andata a prendersi quello che davvero desiderava con la mente libera tirando fuori quello che ha capito di avere già dentro.

Che sia andata così s’è capito dalla conduzione di gara. Non è partita in testa Sofia nella sua notte d’oro, ha avuto un attimo di appannamento nell’assetto, ma in quel momento non stava ascoltando le pressioni esterne, la vocina che avrebbe potuto dirle “perderai di nuovo”, ha ascoltato le sensazioni del suo corpo e lucidissimamente si è corretta. A quel punto non ce n’è stato per nessuno. Sofia ha vinto quell’oro perché l’aveva già vinto nella testa e nel cuore. È la mentalità che distingue dai bravi atleti i campioni veri, quelli che non tremano quando conta davvero.

E non è solo questone di sport, è questione di vita. Rileggiamoci il suo post, compresa la faccina gialla finale con l’acquolina in bocca, ogni volta che avremo la tentazione di avvitarci sugli errori del passato: c’è dentro una lezione di positività di cui capita a tutti d’avere bisogno per prendere la vita in mano, guardare avanti e rimediare.