Non solo un nobile passato, ma una speranza per il futuro. Una città che aggiunga «al cumulo delle glorie passate» «il contributo delle nuove generazioni, il loro specifico genio, le loro iniziative, i loro buoni progetti». Papa Francesco parla all’assemblea capitolina dopo l’incontro privato con la sindaca Virginia Raggi e dopo aver ammirato le bellezze della città affacciandosi dal balcone dello studio del primo cittadino. Bergoglio ripercorre il cammino aperto da Paolo VI che, per primo, volle recarsi a parlare con il sindaco di Roma per ringraziarlo di quanto la città aveva in accoglienza e servizi fatto durante il Concilio Vaticano II. E anche Francesco ringrazia per la collaborazione prestata durante il Giubileo della misericordia e gli altri grandi eventi ecclesiali.

Non è un discorso di circostanza, quello di Bergoglio. Mette a fuoco i problemi e le risorse della città.   

Ricorda che «Roma è città dei ponti, non dei muri» città che non deve avere paura della carità e della bontà. Sottolinea che «è la patria di una originale concezione del diritto, modellata sulla sapienza pratica del suo popolo e attraverso la quale ha irraggiato il mondo con i suoi principi e le sue istituzioni. È la Città che ha riconosciuto il valore e la bellezza della filosofia, dell’arte e in genere della cultura prodotta dall’Ellade antica e l’ha accolta e integrata al punto che la civiltà che ne è scaturita è stata giustamente definita greco-romana». Parla dei martiri, dei «santi Apostoli Pietro e Paolo» che qui hanno trovato il martirio e il cui «sangue, unito a quello di tanti altri testimoni, si è trasformato in seme di nuove generazioni di cristiani».

Nei suoi 2.800 anni di storia Roma, dice ancora il Papa, «ha saputo accogliere e integrare diverse popolazioni e persone provenienti da ogni parte del mondo, appartenenti alle più varie categorie sociali ed economiche, senza annullarne le legittime differenze, senza umiliare o schiacciare le rispettive peculiari caratteristiche e identità. Piuttosto ha prestato a ciascuna di esse quel terreno fertile, quell’humus adatto a far emergere il meglio di ognuna e a dar forma – nel reciproco dialogo – a nuove identità».

Parla dei pellegrini, degli studenti, dei turisti, dei profughi e dei migranti «provenienti da ogni regione d’Italia e da tanti Paesi del mondo». E di una città che è «cerniera tra il nord continentale e il mondo mediterraneo, tra la civiltà latina e quella germanica, tra le prerogative e le potestà riservate ai poteri civili e quelle proprie del potere spirituale. Si può anzi affermare che, grazie alla forza delle parole evangeliche, si è qui inaugurata quella provvida distinzione, nel rispetto reciproco e collaborativo per il bene di tutti, tra l’autorità civile e quella religiosa, che meglio si conforma alla dignità della persona umana e le offre spazi di libertà e di partecipazione».

Roma è uno «scrigno», ma è anche «un organismo delicato, che necessita di cura umile e assidua e di coraggio creativo per mantenersi ordinato e vivibile, perché tanto splendore non si degradi, ma al cumulo delle glorie passate si possa aggiungere il contributo delle nuove generazioni, il loro specifico genio, le loro iniziative, i loro buoni progetti».

Francesco ricorda la vocazione universale della città, il suo essere «portatrice di una missione e di un ideale adatto a valicare i monti e i mari e ad essere narrato a tutti, vicini e lontani, a qualsiasi popolo appartengano, qualsiasi lingua parlino e qualunque sia il colore della loro pelle». E chiede che «sia posta in grado di governare questa complessa realtà con strumenti normativi appropriati e una congrua dotazione di risorse». È decisivo che la città «si mantenga all’altezza dei suoi compiti e della sua storia, che sappia anche nelle mutate circostanze odierne essere faro di civiltà e maestra di accoglienza, che non perda la saggezza che si manifesta nella capacità di integrare e far sentire ciascuno partecipe a pieno titolo di un destino comune».

La Chiesa vuole aiutare Roma e i romani «grazie alla rete delle sue parrocchie, scuole e istituzioni caritative» e con «l’ampio ed encomiabile impegno del volontariato», collaborando «con i poteri civili e con tutta la cittadinanza per mantenere a questa città il suo volto più nobile, i suoi sentimenti di amore cristiano e di senso civico».

Francesco richiama a una collaborazione ampia che contempli «i privati cittadini come le forze sociali e le pubbliche istituzioni, la Chiesa Cattolica e le altre Comunità religiose» così che «tutti si pongano al servizio del bene della città e delle persone che la abitano, specialmente di quelle che per qualsiasi ragione si trovano ai margini, quasi scartate e dimenticate o che sperimentano la sofferenza della malattia, dell’abbandono o della solitudine».

Fa cenno al convegno del 1974 noto come quello sui mali di Roma e sottolinea l’impegno di allora a «tradurre in pratica le indicazioni del Concilio Vaticano II» così da consentire «di affrontare con maggiore consapevolezza le reali condizioni delle periferie urbane, dove erano giunte masse di immigrati provenienti da altre parti d’Italia. Oggi quelle e altre periferie hanno visto l’arrivo, da tanti Paesi, di numerosi migranti fuggiti dalle guerre e dalla miseria, i quali cercano di ricostruire la loro esistenza in condizioni di sicurezza e di vita dignitosa.  Roma, città ospitale, è chiamata ad affrontare questa sfida epocale nel solco della sua nobile storia; ad adoperare le sue energie per accogliere e integrare, per trasformare tensioni e problemi in opportunità di incontro e di crescita».

Bisogna superare le «paure che rischiano di bloccare le iniziative e i percorsi possibili. Questi potrebbero far fiorire la città, affratellare e creare occasioni di sviluppo, tanto civico e culturale, quanto economico e sociale. Non si temano la bontà e la carità! Esse sono creative e generano una società pacifica, capace di moltiplicare le forze, di affrontare i problemi con serietà e con meno ansia, con maggiore dignità e rispetto per ciascuno e di aprirsi a nuove occasioni di sviluppo».

Infine ricorda che «la Santa Sede desidera collaborare sempre più e meglio per il bene della Città, al servizio di tutti, specialmente dei più poveri e svantaggiati, per la cultura dell’incontro e per un’ecologia integrale».

E, al termine del discorso, la sindaca Raggi, proprio sul tema dell’ecologia rivela che, per ricordare la visita di papa Francesco in Campidoglio, l’aula piccola della Protomoteca verrà intitolata alla Laudato si’.

Dal canto suo, invece, il Pontefice, ha regalato un libro con i suoi discorsi sull’Europa auspicando, come scrive nella dedica che «Roma sia sempre fedele alla sua vocazione e alla sua missione nella storia e nel mondo».

Infine, affacciandosi sulla piazza Francesco ha ricordato che è compito dei cittadini essere «ogni giorno “artigiani” di fraternità e di solidarietà. Come tanta gente in tutto il mondo, anche voi, cittadini di Roma, siete preoccupati del benessere e dell’educazione dei vostri figli; vi sta a cuore il futuro del pianeta, e il tipo di mondo che lasceremo alle generazioni future. Ma oggi, e ogni giorno, vorrei chiedere a ciascuno di voi, secondo le proprie capacità, di prendervi cura l’uno dell’altro, di stare vicini gli uni agli altri, di rispettarvi a vicenda. Così incarnate in voi stessi i valori più belli di questa Città: una comunità unita, che vive in armonia, che agisce non solo per la giustizia, ma in uno spirito di giustizia».