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Un angelo con i baffi e la chitarra. Per ex tossicodipendenti, divorziati senza più casa o stranieri senza permesso di soggiorno, Rosario Fiorenza è stato quella porta che non si chiude per chi, non avendo i documenti o le autorizzazioni in regola, non sapeva dove andare.
Faccione pieno e ottimismo anche nei momenti bui, Rosario il sessantanovenne che il 14 febbraio si è spento a Napoli con un infarto lasciando senza parole i suoi tanti amici, era un "pazzo di Dio".“Accolgo i rifiutati dalle Asl o dai centri statali perché non hanno le carte in regola. Ma Gesù non ha mai parlato di documenti di presentazione, o sbaglio?”, aveva detto a Famiglia Cristiana quando nel cuore della Sanità, in un ex convento poche settimane prima di Natale, preparava le statuine dei pastori. Era una maniera per finanziare le attività di accoglienza di “Crescere Insieme”, l’associazione fondata per ospitare uomini senza più casa e speranza.
La speranza Rosario l’aveva trovata nella fede nel Cristo accogliente e misericordioso del Vangelo. Come il buon samaritano che non conosce nulla del ferito trovato sulla strada ma pensa solo a soccorrerlo, l’omone disponibile ad ascoltare tutti, aveva fatto del prossimo la sua scelta di vita. Nella parrocchia alle Fontanelle nove era nato nel 1955, Rosario inizia a fare esperienze che dalla preghiera portano ai poveri. Non si era sposato, decidendo di dedicare il tempo agli ultimi che nella sua amata Napoli, e particolarmente nel quartiere della Sanità, una fetta di centro storico in cui bellezza e miseria camminano insieme, cercavano un aiuto.
Nel quartiere del grande Totò, a Piazzetta San Vincenzo, Fiorenza viveva con quelli che papa Francesco chiama gli emrginati delle periferie. Con l’associazione, aiutato dagli stessi ospiti diventati collaboratori, organizzava mercatini e raccolte di beni per sostenere i suoi amici. Migranti e senza fissa dimora modellavano e dipingevano pezzi di quel capolavoro dell’arte che è il presepe napoletano, pastori che si aggiungevano alle maschere di Pulcinella e San Gennaro per essere venduti ovunque fosse possibile. Da battitore libero non seguiva progetti di finanziamento, preferendo raccogliere dove la provvidenza gli consentiva.Rosario amava la poesia e la musica. Nelle sere in cui i vicoli della Sanità sembravano trovare pace dal tran tran quotidiano e dal rumore di motorini e auto, intonava qualche canzone napoletana, una passione che come una preghiera dolce, saliva dalle viuzze verso il cielo partenopeo. “Ho cantato anche davanti a papa Giovanni Paolo II”, ricordava con un sorriso ripensando a una stagione bella della sua giovinezza. “Ora accolgo i figli di carcerati e migranti, uomini che cercano di tornare a vivere”, rimarcava.
“Uso i soldi per la pasta, il caffè, il pane e quanto serve per sfamare una decina gli ospiti”, spiegava. Ogni settimana li invita a pregare, un impegno iniziato quando, da ragazzino, portava anche i ladri a confessarsi. Quando padre Alex Zanotelli, al funerale celebrato a San Vincenzo alla Sanità ha chiesto a chi era stato aiutato da Rosario Fiorenza di venire avanti, almeno cinque persone si sono avvicinate all’altare, uno appena arrivato dall’ospedale. Un tempo giovani, oggi padri e nonni testimoni di aver avuto un amico su cui contare, mentre gli altri, affranti nei banchi, non ce l’hanno fatta a muoversi verso la bara. “Questo è il modo di ringraziare un uomo di Dio, ha affermato padre Zanotelli. Ecco questa scena mi ha riempito il cuore”. Salvatore Improta, insegnante e amico di Rosario, racconta così le esequie di una persona speciale. Alla Sanità la basilica era gremita. Associazioni, istituzioni, amici, gente comune: tutti per salutare Rosario, colui che si faceva in quattro per i suoi ragazzi. Qualcuno ricorda che anni fa arrivò un assegno da Diego Armando Maradona, un regalo dall’idolo di Napoli per gli scugnizzi a cui Rosario Fiorenza aveva offerto una seconda possibilità.



