“Il mio non è uno sciopero della fame di protesta e nemmeno una sfida”. Così, in un’intervista rilasciata al nostro settimanale, il ministro Graziano Delrio ha spiegato le ragioni della sua adesione allo sciopero della fame a staffetta a sostegno del ddl sullo  Ius soli promosso dalla “Rete insegnanti per la cittadinanza” e da diverse associazioni.  Si tratta di “un appello alle coscienze mite e pacifico per sostenere un diritto e anche per riportare serenità al dibattito”, ha aggiunto il ministro.  Dopo il rilancio dell’iniziativa da parte del senatore Luigi Manconi, nei giorni scorsi hanno annunciato la loro partecipazione anche una settantina di parlamentari che digiuneranno per un solo giorno, passandosi il testimone, secondo turni prestabiliti. 

Come noto il provvedimento di legge sullo Ius soli e lo Ius culturae, che ha già avuto il sì della Camera e che è attualmente fermo in Senato, cambia le regole per l’acquisizione della cittadinanza da parte dei figli degli immigrati. Attualmente secondo i dati forniti dal Miur la questione della cittadinanza riguarderebbe circa 800.000 minori stranieri che, secondo le regole attuali, potranno ottenerla  solo a 18 anni a patto di dichiarare entro un anno dalla maggiore età di volerla acquisire e a condizione di aver risieduto nel nostro paese fino a quel momento “legalmente e ininterrottamente”. Con le nuove regole previste nel ddl invece, i figli di immigrati potrebbero diventare cittadini italiani con lo “ius soli temperato” o con lo “ius culturae”. Nel primo caso saranno italiani per nascita i bambini stranieri nati in Italia a patto che almeno uno dei genitori sia in possesso di permesso di soggiorno Ue di lungo periodo e risulti residente legalmente in Italia da almeno cinque anni.

Inoltre, tramite lo Ius culturae, sempre se la legge sarà approvata, potranno ottenere la cittadinanza anche i minori entrati in Italia entro il dodicesimo anno di età che abbiano “frequentato regolarmente per almeno cinque anni uno o più cicli presso istituti scolastici del sistema nazionale, o percorsi di istruzione e formazione professionale triennali o quadriennali”. La frequenza del corso di istruzione primaria deve essere coronata dalla promozione. I ragazzi arrivati in Italia tra i 12 e i 18 anni, poi, potranno avere la cittadinanza dopo aver risieduto legalmente in Italia per almeno sei anni e aver frequentato “un ciclo scolastico, con il conseguimento del titolo conclusivo”.
“Stiamo solo cercando di dare loro l’opportunità di sentirsi italiani un po’ prima. Qualche anno prima, niente di più”, ha spiegato nella nostra intervista il ministro Delrio, ricordando come, con questo provvedimento, l’Italia si adeguerebbe alla legislazione della maggior parte degli altri paesi europei.