Il 15 dicembre la legge italiana sull’obiezione di coscienza al servizio militare compie 50 anni, ma l’argomento che ha regolamentato è ancora «tragicamente attuale». Lo ricorda, intervistato da  Famiglia Cristiana che ne pubblica le riflessioni sul numero da domani in edicola, Carlo Fracanzani, avvocato, esponente della sinistra democristiana, già deputato ed ex ministro. «Pensiamo all’aggressione della Russia nei confronti dell’Ucraina. E alla cosiddetta “mobilitazione parziale” dichiarata da Putin che comporta la chiamata alle armi di 300 mila riservisti, e pensiamo ai tanti giovani russi che fuggono per evitare l’arruolamento. A seguito di ciò, sul finire di ottobre i vescovi cattolici russi hanno pubblicato un documento che richiama il diritto all’obiezione di coscienza. La memoria va tenuta viva affinché possa essere di sollecitazione positiva per il presente».

Fracanzani, che oggi ha 87 anni, è giustamente considerato uno dei padri della legge 772, che fu il risultato di un confronto tra la sua proposta, le altre presentate alla Camera e quella del senatore democristiano Giovanni Marcora, presentata a Palazzo Madama, che ebbe la meglio.

 



NO ALLE ARMI, LA SITUAZIONE IN RUSSIA E UCRAINA

Si sa che l’obiezione di coscienza al servizio militare, in Russia riconosciuta per legge, oggi è di fatto osteggiata dalle autorità. Risulta che attualmente siano in corso procedimenti penali contro 230 obiettori russi non perché si sono rifiutati di andare a combattere ma perché hanno pubblicamente esplicitato in vario modo il loro dissenso, soprattutto via social.

Con la mobilitazione di tutti gli uomini, anche Kiev nega il diritto all'obiezione di coscienza alle armi. Secondo il movimento pacifista ucraino dall’inizio del 2022 sarebbero già 971 gli uomini e i ragazzi incriminati per aver rifiutato l’arruolamento per motivi morali, filosofici o religiosi.