Riprendo l’argomento per sottolineare un principio di cui sono convinto: non è la violenza il principale nemico dei nostri figli. È la solitudine. È restare soli davati a un mondo ostile.
Viviamo in un’era in cui le regole formali tendono a diventare il baluardo della nostra cattiva coscienza. Le leggi che dovrebbero essere promulgate per arginare i comportamenti antisociali e criminali, sempre più spesso inseguono le trasgressioni come continui rammendi su una camera d’aria vecchia. Quando, addirittura, non finiscono per coprire con la cappa della giustizia quelle che sono vere e proprie prevaricazioni.
Come altre forme espressive, i videogiochi rappresentano il nostro mondo e l’idea che ne abbiamo. Immagini e visioni della realtà che comunque non sapremmo nascondere, rispecchiano la condotta di tanti. Il romanzo più realistico, il film più crudo, sono niente a paragone della vita quotidiana attorno a noi, e del compiacimento con cui spesso viene descritta nei suoi aspetti atroci. Il videogioco più violento è una pallida imitazione delle azioni che ogni giorno uomini e donne veri mettono in atto. (Nel video, qui, un trailer di Manhunt 2, così agghiacciante che nel 2007 fu deciso di non commercializzarlo in Usa e in buona parte d’Europa, Italia compresa).
Questo non vuol dire che tanto vale lasciare campo libero a ciò che i nostri ragazzi possono guardare o fare. Vuol dire, invece, che l’unico vero rimedio alla violenza nasce e vive in famiglia, tramite presenze libere, innamorate, sollecite. O non ci sarà legge né divieto che basti.


