Da qualche decennio ci si domanda se la sperimentazione sugli animali sia proprio necessaria per testare nuovi farmaci e così disporre di terapie per malattie finora incurabili. Da molti si sostiene che i test su animali, oltre che causare sofferenza e morte, siano inutili in considerazione della diversità biologica tra specie animale e specie umana. Ma è emersa una sensibilità che ha saputo condizionare una nuova legislazione italiana che, in applicazione della Direttiva europea 2010/63, regolamenta la sperimentazione animale anche con una serie di divieti: allevare animali per la sperimentazione, usarli per xenotrapianti (da una specie a un’altra), sperimentare senza anestesia.

Lo scopo è quello di conciliare il bene degli animali e, insieme, la libertà di ricerca che non è assoluta e va, quindi, regolata in base a due princìpi: che le finalità siano vere (la salute umana) e, insieme, che siano rispettose degli animali che non sono oggetti e cose, ma esseri viventi e senzienti.

In questa duplice prospettiva, hanno buone ragioni i Centri di ricerca nel sostenere la sperimentazione animale, ancora necessaria sia pure con l’apertura a vie alternative o, almeno, a metodi complementari. Ugualmente ha buone ragioni la diffusa cultura animalista.

Ma tutte e due le posizioni hanno bisogno di confrontarsi e dialogare, così da evitare estremismi che subentrano ogni volta che un’opinione viene assolutizzata.

* L'autore è teologo moralista