Non dà pace leggere dei bimbi affogati in piscine private di questa estate. E anche quando la tragedia è scongiurata, i piccoli possono riportare conseguenze fisiche e psicologiche pesanti per aver rischiato di annegare. Come è successo pochi giorni fa in un parco acquatico di Gallipoli, dove un bambino di 7 anni in vacanza con i genitori in Salento, è caduto in piscina, nell'area in cui l'acqua è più alta. Sarebbe stato il padre ad accorgersi che il figlio galleggiava privo di sensi. Il bimbo è stato soccorso  ma è arrivato  in ospedale già in arresto cardiaco. I medici sono riusciti a riattivare il battito, ma la permanenza in acqua  ha causato danni  irreversibili, ed stata dichiarata la morte cerebrale. 

La maggior parte delle morti che avvengono ogni anno per annegamento in piscina riguardano minori di 12 anni. Tragedie che spesso potrebbe essere evitate. Come? Lo abbiamo chiesto a Stefano Mazzei, fondatore di Salvamento Academy, un’organizzazione che dal 2012 si occupa di prevenzione e soccorso in età pediatrica con una casistica che va dalle morti in culla (Sids) all’annegamento.



«Pur non trattandosi di grandi numeri, i dati sugli incidenti mortali nelle piscine che coinvolgono i minori di 12 anni sono peggiorati», spiega Mazzei. «Questo perché la piscina, sia essa domestica sia pubblica, viene ritenuta un luogo sicuro, mentre in realtà nasconde molte insidie. Nelle piscine degli agriturismi o di altre residenze turistiche, per esempio, quasi sempre il bagnino non c’è, perché la legge lo rende obbligatorio solo se l’acqua è profonda più di 1,40 metri (anche se la normativa varia da Regione a Regione). Ma anche nelle grandi piscine, dove il bagnino è di rigore, può capitare che magari la torretta non gli consenta la visuale dell’intera struttura».

Questi i consigli base che Stefano Mazzei ha individuato per i genitori che trascorrono una giornata in piscina con i figli piccoli:

1. Non ritenete innocui specchi d’acqua profondi pochi centimetri. Sono sufficienti, se un bambino molto piccolo scivola, a ostruire le vie aeree.

2. Mai distrarsi facendo altre attività (come leggere o guardare il cellulare), ma avere sempre il figlio a portata di sguardo, tenendo conto che in piscine molto affollate il bambino può facilmente essere perso di vista, e addirittura proprio alla distanza di un braccio per poterlo afferrare tempestivamente.

3. Insegnare il prima possibile al bambino a nuotare; ci sono corsi di acquaticità già a partire dai primi mesi di vita.

4. Se la piscina è domestica, deve essere sempre recintata, così che il bambino non possa accedervi senza essere accompagnato da un adulto.

5. Mettete in sicurezza i bambini dotandoli di braccioli ben posizionati.

«E anche se c’è il bagnino», continua Stefano Mazzei, «è bene che sia gli utenti sia il proprietario della struttura si ricordino che il suo unico compito è quello di sorvegliare e, in caso di incidente, soccorrere. Non deve essere impegnato in altre attività né essere considerato alla stregua di un baby-sitter.

Fatalità e distrazione sono fattori umani, e non del tutto ineliminabili, ma troppe volte queste tragedie avrebbero potuto essere evitate con semplici accorgimenti o un occhio più vigile».

Salvamento Academy impegna 500 tra medici e infermieri e personale non sanitario come docenti in tutta Italia in corsi dove apprendere quelle tecniche di rianimazione che possono scongiurarare esiti fatali e letteralmente "riportare” in vita i piccoli. Anche imparare questo tipo di manovre può fare la differenza.