Il tradizionale uovo di Pasqua conterrà quest’anno - è quantomai il caso di dirlo - una brutta sorpresa per gli italiani. I prezzi di quelle al cioccolato hanno infatti registrato aumenti molto sostenuti rispetto allo scorso anno. Alla base dei pesanti aumenti c’è la crisi internazionale del cacao: per questa materia prima, le quotazioni superano attualmente il record raggiunto solo nel 1977, arrivando a 6.000 dollari a tonnellata, a cui si aggiunge il rincaro nell’ultimo anno del +72% per lo zucchero e del 52% per il burro di cacao.

Ai danni subiti dalle piantagioni in America Latina e soprattutto in Africa occidentale per via del fenomeno climatico di El Niño, si sono aggiunti gli effetti della crisi climatica: le piogge irregolari, alternate a periodi di tempo caldo e secco, hanno provocato diverse malattie delle piante, decimando i raccolti di piantagioni già di per sé vecchie, causando il più grande deficit registrato nel mercato del cacao da più di sessant’anni. I Paesi dove i danni sono stati maggiori sono la Costa d’Avorio e il Ghana, rispettivamente primo e secondo produttore al mondo, che insieme forniscono il 70 per cento dei semi di cacao in circolazione a livello mondiale. I coltivatori della Costa d’Avorio, da ottobre a marzo, hanno spedito solo 1,28 milioni di tonnellate verso i porti, vale a dire il 28 per cento in meno dello stesso periodo dello scorso anno. A gennaio invece l’ente regolatore del cacao ivoriano ha bloccato le vendite a termine finché non saranno chiari i numeri della reale produzione dopo i danni subiti. Infine il Ghana ha fatto sapere che il raccolto di cacao per il 2023-24 potrebbe essere di sole 425 milioni di tonnellate, meno della metà delle previsioni.

Questa situazione ha avuto - e sta avendo - pesanti ripercussioni anche in borsa: a febbraio, i futures del cacao si aggiravano intorno ai seimila dollari per tonnellata dai 2.500 dollari dell’anno prima. Da allora, i prezzi sono schizzati in alto, stabilendo nuovi massimi quasi ogni giorno. Certo, il deficit del cacao è enorme: dopo tre anni consecutivi di scarsità, si preannuncia ora anche un quarto anno magro in arrivo. Ma le ultime settimane di record giornalieri hanno più a che fare con fattori finanziari. 



Questa esplosione dei prezzi però non andrà a beneficio degli agricoltori ghanesi o ivoriani, che stanno vendendo i loro raccolti ancora ai prezzi stabiliti diciotto mesi fa. I coltivatori ricevono appena fra 1.800 dollari a tonnellata a fronte delle vendite dei distributori internazionali che chiedono 5 volte tanto. E proprio a causa dei prezzi bassi, il cacao – a differenza di altre materie prime agricole, dal grano ai cereali – non ha mai sviluppato piantagioni industriali, perché non sarebbe stato conveniente per le grandi aziende. Il grosso dei profitti è sempre andato a chi lavora le fave per trasformarle in cioccolato, non a chi le coltiva. Ma la filiera, che ha compresso i prezzi nella prima parte della catena, ora non regge più. 

Le fabbriche di cioccolato quest’anno stanno raschiando il fondo delle loro scorte in magazzino e non riusciranno a rimpiazzarle con facilità.

Secondo l’Organizzazione internazionale del cacao, il rapporto tra scorte e macinazione scenderà al livello più basso degli ultimi quarant’anni, alimentando ancora il rialzo del prezzo. Una fiammata che comincia a vedersi anche sui prezzi del cioccolato per i consumatori finali. I listini in Italia sono saliti in media del 24 per cento, dopo il +15,4 per cento fatto registrare nel 2023. Ma dato che i prezzi non sono legati all’incrocio tra domanda e offerta, è quasi impossibile fermare il mercato in enorme rialzo: insomma, una questione molto più complicata del “semplice” aumento dell’uovo di Pasqua al cioccolato.