Il calendario liturgico alla data del 29 settembre segna la festa degli arcangeli Michele, Gabriele e Raffaele, quest’anno sostituita dalla celebrazione domenicale, mentre al 2 ottobre propone la memoria degli angeli custodi. Abbiamo, così, pensato di delineare in modo molto semplificato questa figura che popola le Scritture Sacre ma anche le tradizioni popolari non solo cristiane ma pure di altre religioni, talora persino con qualche degenerazione. Iniziamo con un dato di fatto indiscutibile.
Dalla prima pagina della Bibbia coi «Cherubini dalla fiamma della spada folgorante», posti a guardia del giardino dell’Eden (Genesi 3,24), fino alla folla angelica che popola l’Apocalisse, le Sacre Scritture sono animate dalla presenza degli angeli, figure sovrumane ma non divine, la cui realtà era nota anche alle culture circostanti a Israele, sia pure con modalità differenti. Il nome stesso ebraico, mal’ak (215 volte nell’Antico Testamento!), e greco, ánghelos (175 volte nel Nuovo), ne denota la funzione: significa infatti «messaggero».
Da qui si riesce a intuire la missione e, per usare un’espressione del filosofo Massimo Cacciari, la «necessità» (L’angelo necessario è il titolo di una sua opera) di questa figura biblica, affermata ripetutamente dalla tradizione giudaica e cristiana, confermata dal magistero della Chiesa nei documenti conciliari (a partire dal Credo di Nicea del IV sec.) e papali, e accolta nella liturgia e nella pietà popolare.
Il compito dell’angelo è, infatti, sostanzialmente quello di salvaguardare la trascendenza di Dio, ossia il suo essere misterioso e “altro” rispetto al mondo e alla storia, ma al tempo stesso di renderlo vicino a noi comunicando la sua parola e la sua azione, proprio come fa il «messaggero». È per questo che in alcuni casi l’angelo nella Bibbia sembra quasi ritirarsi per lasciare spazio a Dio che entra in scena direttamente.
Così, nel racconto del roveto ardente, ad apparire a Mosè tra quelle fiamme è innanzitutto «l’angelo del Signore», ma subito dopo è «Dio che chiama dal roveto: Mosè, Mosè!» (Esodo 3,2-4). La funzione dell’angelo è, quindi, quella di rendere quasi visibili e percepibili in modo mediato la volontà, l’amore e la giustizia di Dio, come si legge nel Salterio: «L’angelo del Signore si accampa attorno a quelli che lo temono e li salva... Il Signore darà ordine ai suoi angeli di custodirti in tutti i tuoi passi; sulle loro mani ti porteranno perché non inciampi nella pietra il tuo piede» (34,8; 91,11-12).
Il compito dell’angelo, dunque, è quello del mediatore tra l’infinito di Dio e lo spazio umano e questa funzione la espleta anche nei confronti di Cristo. Come scriveva il grande teologo Hans Urs von Balthasar, «gli angeli circondano l’intera vita di Gesù, appaiono nel presepe come splendore della discesa di Dio in mezzo a noi; riappaiono nella Risurrezione e nell’Ascensione come splendore della ascesa in Dio». La loro è ancora una volta la missione di mettersi vicini all’umanità per svelare il mistero della gloria divina presente in Cristo in un modo che essa non ci accechi, come sarebbe con la luce divina diretta.
L’angelo è, allora, un segno dell’Unico che dev’essere adorato, Dio; è solo un indice puntato verso l’unico mistero, quello divino; è un mediatore al servizio dell’unico perfetto mediatore tra Dio e gli uomini, Cristo Signore: «A quale degli angeli – si chiede l’autore della Lettera agli Ebrei (1,5) – Dio ha detto: Tu sei mio figlio, oggi ti ho generato?». È p pericoloso introdurre elementi magici o esoterici che possono far sconfinare l’angelo in demonio. È ciò che rimandiamo alla prossima puntata della nostra rubrica.