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mercoledì 16 ottobre 2024
 
Il blog di Gianfranco Ravasi Aggiornamenti rss Gianfranco Ravasi
Cardinale arcivescovo e biblista

Davanti a silenzi eterni e spazi infiniti

Di fronte all’immensità dell’universo, l’uomo biblico si sente come in un tempio, spinto a una lode cosmica, ma anche “atterrito” di fronte a questa grandiosa architettura planetaria

«La Natura è un tempio dove colonne vive / mormorano a tratti parole indistinte; / l’uomo passa tra foreste di simboli / che l’osservano con sguardi familiari». È suggestiva questa immagine del Creato come un tempio, evocata dal poeta francese ottocentesco Charles Baudelaire nel suo capolavoro I fiori del male. Anche per la Bibbia la natura è un santuario ove cielo, sole, luna, stelle, piogge, abissi marini con i loro mostri, fuoco, grandine, neve, nebbia, vento di bufera, monti, colline, alberi fruttiferi, cedri, bestie selvatiche e domestiche, rettili, uccelli, re e popoli, giovani e ragazze, vecchi e bambini cantano un ideale alleluia al loro Creatore.

L’elenco che abbiamo appena citato fa parte del Salmo 148 che introduce una lode cosmica. È con questo spirito religioso che dobbiamo contemplare il Creato, a differenza di chi lo ammira solo come segno di quiete o di bellezza, atteggiamento che è diverso anche se ugualmente spirituale. Sono molte le pagine bibliche che “dipingono” orizzonti o paesaggi naturali. Ne vogliamo suggerire per la lettura personale alcune, tracciate da quel grande poeta che è l’autore del libro di Giobbe nei capitoli 38-39.

Si tratta di un imponente discorso di Dio che davanti al protagonista dell’opera, Giobbe, squaderna tutta la creazione interpellandolo attraverso sedici strofe di interrogativi. L’uomo, di fronte all’immensità dell’universo e degli esseri viventi non è in grado di spiegarne il progetto: solo il Creatore riesce a tenere insieme e a dare un senso a questa grandiosa architettura planetaria. Come scriveva il filosofo irlandese George Berkeley (1685-1753), «tutto l’ordine dei cieli e tutte le cose che riempiono la terra, tutti quei corpi che formano insieme l’impalcatura dell’universo, non hanno alcuna sussistenza senza una mente».

Facciamo solo scorrere davanti al lettore la lista delle domande che Dio rivolge a Giobbe riguardo ai misteri dell’universo, invitandolo poi a seguire le varie scene nel testo biblico. Chi ha creato le strutture della terra? Chi ha domato il mare bloccandolo alla spiaggia? Chi fa spuntare l’aurora? Chi tiene in equilibrio e successione luce e tenebre? Sono questi i primi quattro interrogativi che hanno per tema la creazione del mondo (38,4-21).

Subentra un’altra batteria di quesiti che riguardano i dinamismi della natura (38,22-38). Chi controlla le riserve celesti della neve e della grandine? Chi dirige pioggia, rugiada e ghiaccio? Chi guida gli astri nelle loro orbite? Chi scatena gli uragani? Finora di scena è la realtà fisica del Creato. A questo punto subentra il mondo animale nella sua sterminata serie di specie. Riserviamo questo elenco alla prossima puntata.

Per ora, dopo aver letto questi versetti, immaginiamo di sostare davanti al Creato con lo stesso spirito del grande filosofo, scienziato e credente Blaise Pascal (1623-1662) che nei suoi Pensieri confessava: «Il silenzio eterno di questi spazi infiniti m’atterrisce». A lui associamo la voce di un poeta più vicino a noi, Giovanni Pascoli (1855-1912) che nei Canti di Castelvecchio affermava: «Mi vidi quaggiù piccolo e sperso / errare, tra le stelle, in una stella».


27 agosto 2020

 
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