Il tono del Lezionario odierno, dato dalla lettura tratta dal libro del Siracide e dalla pagina del vangelo di Luca, è sapienziale. Il Siracide è stato composto in lingua ebraica a Gerusalemme verso il 180 a.C. da un autore che si firma «Giosuè (Gesù), figlio di Eleazaro, figlio di Sira», e fu poi tradotto in greco per gli Ebrei che si trovavano nella diaspora in Egitto. Il contenuto del libro è vario, ma gran parte della sua forma letteraria è didattica: abbondano le ammonizioni per coloro che vogliono diventare saggi e mettersi alla scuola della sapienza dei padri.
Il Siracide è soprattutto un compendio di insegnamenti dedicati ai giovani delle famiglie potenti e ricche di Gerusalemme, che dovevano essere preparati ad affrontare la vita e le responsabilità sociali. L’inizio della pagina di oggi è emblematico: «Ascoltami, figlio…», ed è il modo con cui ogni padre dovrebbe rivolgersi ai figli.
Da questo si comprende come la Bibbia conferisca grande importanza alla trasmissione di conoscenze e di valori, e che protagonisti di questa trasmissione siano i genitori e gli anziani. Ne viene anche per noi un grande insegnamento: quello di ascoltare le parole di saggezza di chi ha ancora un ruolo importante da svolgere, anche se magari non ritenuto più “produttivo” nella società contemporanea.
Cosa deve imparare un figlio? A rispettare – si legge nella pagina del Siracide – «le opere» di Dio, la terra «riempita dei suoi beni», cioè la creazione. Si tratta di un tema più che attuale, a cui ci ha richiamato papa Francesco nelle sue encicliche Laudato si’ e Fratelli tutti. In particolare, nell’ultimo capitolo della prima enciclica, si possono trovare utili e pratici suggerimenti per vivere le parole di sapienza del Siracide e rispettare la «madre Terra», come veniva chiamata da san Francesco. L’inizio della Lettera ai Romani ci ricorda che contemplando la creazione si può addirittura conoscere Dio, come spiegava il Santo di Assisi: anche «frate sole» «porta significatione» di Lui.
Gesù, nella pagina del vangelo di Luca, anch’essa dal taglio sapienziale, ci invita a guardare alla creazione con stupore e amore. Si tratta di una lunga esortazione che trova il suo corrispettivo nel Discorso della montagna del vangelo di Matteo (6,2534), e che vuole essere anche un vero antidoto all’ansia, una delle malattie o dei disturbi più comuni del nostro tempo.
Gesù, quando chiede di affidarsi alla Provvidenza, non sta invitando a non occuparsi delle cose quotidiane necessarie per vivere: il problema è l’affanno. Secondo le teorie psicologiche moderne l’ansia rientra nella famiglia primaria della paura (insieme al timore, al nervosismo, alla preoccupazione, alla tensione ecc.). Il rimedio per arginarla è dato da una cura in due tempi. Anzitutto si devono «guardare» (12,24) la Provvidenza nascosta in realtà piccole (come i fiori del campo o gli uccelli del cielo) e addirittura in animali impuri, come il corvo; fatto questo, si potrà «cercare» il Regno (12,31). Tutto il resto verrà dato in aggiunta.