Matteo 5,1-12a - Tutti i Santi, Solennità (1 novembre 2023)

La festa di Tutti i Santi non è una grande festa patronale in cui si cerca di non far torto a nessuno accomunando in una medesima giornata il ricordo per tutti, ma è una di quelle feste che ci ricorda lo scopo vero di ogni battesimo che è appunto la santità. Si è cristiani non per essere semplicemente buoni ma per essere santi, e la differenza è radicale e ce lo insegna la pagina delle beatitudini che abbiamo letto nel Vangelo di oggi.

Gesù dice che il punto di partenza della nostra gioia, della nostra beatitudine è il nostro pianto. Questo è in sintesi il Vangelo. Ogni vera beatitudine ha un trampolino di lancio che è la realtà nuda e cruda che stiamo vivendo adesso. Credere non significa evadere, ma significa capire che ciò che ci inchioda, che ci fa soffrire, che ci toglie il sonno, che ci discrimina, che ci opprime, non possiamo fare finta che non esista. Esiste eccome! Ma non come qualcosa che ci condanna e basta, ma come qualcosa da cui partire.

La santità non è non avere pianto. La santità è avere una direzione dentro il pianto. È comprendere che non bisogna negare il dolore o la sofferenza, e nemmeno scenderci a patti, ma “accettare” per “attraversare”. I santi accettano la loro vita perchè la vogliono attraversare. Gli altri o evadono in mille modi possibili, o accumulano rabbia fino alla fine dei giorni. In questo senso la parola “beato” che Gesù pronuncia in realtà suona come una promessa, come una direzione da prendere, come una strada da percorrere nel bel mezzo delle nostre rassegnazioni.

I santi non sono degli “arrivati” ma dei “viandanti”. E la negazione della santità è rimanere fermi. Ecco allora che essere santo per me significa provarci ogni giorno. È questo verbo di movimento quello che mi viene chiesto.

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