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mercoledì 14 maggio 2025
 

Chi non conosce la propria debolezza, non conosce la compassione

Lc 18,9-14 - Sabato della III Settimana di Quaresima - (29 marzo 2025) - 

Nella parabola raccontata da Gesù nella pagina del Vangelo di oggi ci sono due personaggi, due uomini che salgono al tempio a pregare: uno pensa di stare davanti a Dio mostrando la sua bravura, facendo la conta dei propri meriti, dimostrando le sue capacità: “O Dio, ti ringrazio che non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano”.

L’altro invece è ben consapevole della sua fragilità, delle sue colpe, è proprio per questo non si comporta come quell’altro uomo che usa dei propri meriti per sentirsi migliore degli altri: “Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: O Dio, abbi pietà di me peccatore”.  

Davanti a Dio conta un’unica cosa: l’umiltà. E se l’umiltà viene dai nostri peccati, allora siano benedetti i nostri peccati. Ma se la nostra lotta al peccato ci fa insuperbire, allora sia maledetta questa lotta al peccato. Questo non significa che dobbiamo scendere a compromessi con i nostri peccati, o che non dobbiamo ingaggiare nessuna lotta contro il male, specie quello che ci abita, ma significa che la cosa più importante che non dobbiamo mai perdere è l’umiltà.

Gli umili hanno una piena consapevolezza di se stessi, è proprio per questo una grande misericordia nei confronti degli altri. Chi non conosce la propria debolezza, non conosce nemmeno la compassione per il prossimo. Aveva ragione un grande padre del deserto quando diceva che il più grande miracolo non è fare miracoli ma conoscere davvero la fragilità di noi stessi.

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28 marzo 2025

 
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