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“Non sono i sani che hanno bisogno del medico ma i malati”. Così Gesù liquida le critiche della gente che mal sopportavano questo suo rapporto troppo amicale con peccatori, prostitute e delinquenti vari.
Certamente neanche a noi avrebbe lasciati indifferenti questa sua predilezione, ma il vero problema non ce l’ha Gesù ma noi. Una medicina la si prende ovviamente quando si è malati, quando si sta bene non la si prende. Quindi il problema è capire se siamo malati o meno. Ma malati di cosa? Di una malattia di cui soffriamo tutti: sentirci amati.
Quando un uomo non si sente amato non funziona, non è felice, non riesce a diventare se stesso, così molte volte cerca di riempire da solo questo bisogno, e nel far questo combina quei grandi guai che noi chiamiamo peccati. È strano ma nella maggioranza delle volte noi pecchiamo nel tentativo di trovare una maniera di essere felici. È in questo senso che Gesù ci viene incontro. Egli viene a ristabilire quella salute esistenziale che ci fa riappropriare della nostra vita. Ma finché io penso di stare bene allora non capirò mai Gesù e non riuscirò mai a farlo sedere alla tavola della mia storia.
Per noi Gesù è qualcuno da ammirare, per chi si ritiene peccatore invece Gesù è uno che ti cambia la vita. Matteo non ha ammirato Gesù, lo ha seguito: “Gesù gli disse: Seguimi! Ed egli si alzò e lo seguì”.
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