Ho appena sentito l’indignazione dell’Italia
tutta sulla “sentenza Eternit”, cioè della nostra
classe politica, dei giudici, degli avvocati, dei giornalisti.
Ma dov’erano tutti questi cervelloni mentre
si svolgevano i processi? Non sapevano che si
correva il rischio della prescrizione? Se fossimo un
Paese serio, i sindacati scenderebbero in piazza per
questa sentenza e non per difendere le loro “poltrone”;
gli avvocati sceglierebbero capi di imputazione
che non corrano il rischio della prescrizione; i
giudici emetterebbero sentenze in tempi più rapidi;
i giornalisti non si sveglierebbero il giorno dopo
la sentenza per raccontare lo scempio dell’Eternit.
Com’è possibile che le persone continuano a
morire e nessuno ne è colpevole? Un intero Paese è
stato assassinato e nessuno ne risponderà mai! Cerco
dentro di me di trovare ragioni e di non portare
rancore contro le brutture della vita, ma questa
volta non ce la faccio proprio. Auguro ai colpevoli
(che sanno benissimo di esserlo) di passare notti insonni
a riflettere su quanto hanno fatto.
SILVANA
L’eco per la sentenza che riguarda i morti di Casale
Monferrato è ancora viva e vissuta come un’intollerabile
“ingiustizia”. Se è stato prescritto il reato, i morti
continuano a esserci, e ancora ce ne saranno nei prossimi
anni. Diritto e giustizia, in questo caso, non sono andati
a braccetto. Se n’è fatto interprete anche il vescovo
di Casale monsignor Alceste Catella, “deluso e indignato”
per la vicenda. «Nei giorni delle sentenze», ha
detto, « avevamo rinnovato la nostra fiducia nella giustizia,
ora veniamo a sapere che il diritto non ha nulla
a che fare con la giustizia. Il diritto è solo un insieme
di regole che funziona in modo autoreferenziale».