Con una decisione lampo la Consulta ha di fatto cancellato i due aspetti più rilevanti del porcellum: l’abnorme premio di maggioranza per la Camera, che scattava senza il raggiungimento di una soglia predefinita, e il listino dei candidati, eletti secondo l’ordine di presentazione e senza la possibilità, per l’elettore, di esprimere il voto di preferenza. Il resto della legge, o meglio, quel che rimane, è un sistema proporzionale con soglie di sbarramento differenziate per Camera e Senato. Se questo Parlamento non vi metterà mano, è con i resti del porcellum che si potrà andare a votare.
Da oggi ripartono i dibattiti sulla legge elettorale, su cui torneremo. Quel che ci resta da dire è che il porcellum è stato fortissimamente voluto da (quasi) tutte le forze politiche, in un poco dignitoso “volemose bene e votiamo il porcellum”. Decidere chi far votare, soprattutto i propri fidi, affidare tutto il potere alle segreterie, candidare in Parlamento il proprio portaborse per non pagargli lo stipendio e farglielo pagare direttamente dallo Stato ( e che stipendio: fino a 8 mila euro netti) ha costituito un’anomalia unica nelle democrazie occidentali. Proposto dall'Udc di Casini, redatto dal mitico Calderoli, approvato da tutto il Centrodestra di Berlusconi e conservato e protetto da tutto il Centrosinistra di Bersani. Era troppo comodo il porcellum, per tutti. Come per tutti i porcelli, non si butta via niente. Anche da parte di coloro che esultano e inneggiano alla sentenza della Corte.