Celebrare la gioia, coltivare la speranza
Le folle interrogavano Giovanni: «Cosa dobbiamo fare?». Rispondeva: «Chi ha due tuniche, ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare, faccia altrettanto». Vennero anche i pubblicani: «Maestro, cosa dobbiamo fare?». Disse: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato».
Luca, 3,10-12
Proseguiamo nel cammino di Avvento: ci siamo alzati in piedi (I domenica) per preparare la via del Signore, ci siamo messi in moto per annunciare a tutti che Dio è vicino (II domenica). In questa terza domenica, quella della “gioia”, protagonista del Vangelo è ancora il Battista: la sua testimonianza viva, sostenuta dalla Parola scesa su di lui, suscita una reazione nel cuore e sulle labbra di chi lo ascolta, e tutti manifestano il desiderio della salvezza e la ricerca di una strada che conduce a raggiungerla.
Si recano da Giovanni e chiedono il suo battesimo di conversione, insieme a indicazioni su cosa fare, le persone apparentemente più lontane dalla fede: le folle incolte, i pubblicani, i soldati delle legioni romane. Si avvicinano anche coloro che ritengono di essere già salvi, che dicono a sé stessi, sicuri: “Noi siamo figli di Abramo”, ma vogliono collezionare ancora un altro titolo per accaparrarsi il favore di Dio.
Ma Giovanni non fa sconti: la grazia non è un affare che si conclude o un diploma che si acquisisce, è il dono gratuito del Signore della vita e ci raggiunge senza nostro merito nel Battesimo di Gesù, effuso in Spirito Santo e fuoco. Sono i sacramenti del Signore Risorto che ci fanno entrare nella vita.
Giovanni invita a realizzare sulla terra la giustizia che predica e che viene da Dio e sa di Cielo: non siamo angeli ma viviamo incarnati, e già qui e ora, con la grazia di Cristo, possiamo e dobbiamo realizzare il Paradiso. Spianare le montagne e riempire le voragini significa condividere quanto si ha perché nessuno resti nell’indigenza, non frodare e non usare violenza approfittando di posizioni di potere, scegliere la via della amabilità, come invita a fare san Paolo nella seconda lettura. La strada della pace è una strada di semplicità, non richiede di fare grandi cose, ma di costruire concretamente la bellezza, là dove abitiamo e viviamo tutti i giorni, perché tutti possano goderne. Tutti infatti siamo figli di Dio: non sta a noi giudicare i comportamenti di chi ci sta accanto, ma siamo chiamati a conservare la fiducia che il Bene sia sempre dinanzi a noi e sempre sia possibile, a trovare parole di incoraggiamento e di fiducia per chi ci è prossimo, cominciando dal coniuge e dai figli, anche quando ci sembra che il peggio stia prevalendo, che sia impossibile che chi ha sbagliato ritorni sui suoi passi e prenda la strada della bellezza.
Gioite Nella terza domenica siamo invitati a rallegrarci: l’antifona di ingresso è un tripudio di gioia nel Signore. Sofonia nella prima lettura chiama alla gioia la figlia di Sion e il responsorio del salmo fa ripetere: “Canta ed esulta”. San Paolo insiste: siate sempre lieti nel Signore. Essere nella gioia non è un fatto da stupidi, non significa chiudere gli occhi per non vedere i tanti sfaceli di cui è cosparsa la nostra epoca. Significa conservare la luce della speranza, sapere che il nostro Salvatore è vivo e che ultimo si ergerà sulla polvere, come dice Giobbe al colmo della prova in cui è stato posto. Significa attraversare le vicende del mondo, anche le più tristi, portando la Parola della salvezza, come Giovanni, che viveva nel deserto tra digiuni e preghiere, ma aveva Dio con sé, e sapeva infiammare ogni persona che incontrava. Coraggio, stiamo lieti. Rallegriamoci, il Signore è un salvatore potente.