« I tuoi occhi guardino sempre in avanti e le tue pupille mirino diritto davanti a te. Bada alla strada dove metti il piede e tutte le tue vie siano sicure. Non deviare né a destra, né a sinistra, tieni lontano dal male il tuo piede». Così l’antico sapiente biblico del libro dei Proverbi (4,25-27) rappresentava la scelta morale della virtù, il tema generale su cui stiamo riflettendo. In pratica è l’invito a tener salde le redini della nostra libertà, impedendole di scartare la via giusta, precipitando in un fossato, o deviando in «sentieri tortuosi e strade distorte», come ammonisce ancora quel saggio (2,15).
Il tema della virtù ha attratto il pensiero di tanti filosofi e teologi, a partire dai Padri della Chiesa e da san Tommaso d’Aquino al quale dobbiamo questa definizione: «La virtù è la buona qualità della mente per cui si vive rettamente e di cui nessuno può servirsi per il male».
Pensare e agire in modo giusto: ecco il duplice profilo della persona virtuosa. Se volessimo scegliere un altro pensatore di riferimento sul tema, potremmo ricorrere a un nome che è nella memoria di chi ha seguito studi superiori, ma che appartiene anche alla cultura generale.
Stiamo parlando del filosofo tedesco Immanuel Kant (1724-1804) e della celebre affermazione conclusiva della sua opera La critica della ragione pratica (1788): «Due cose riempiono l’animo di ammirazione e di reverenza sempre nuove e crescenti, quanto più spesso e a lungo il pensiero vi si sofferma: il cielo stellato sopra di me e la legge morale dentro di me».
Mentre il cosmo è retto da leggi meccaniche, la persona umana ha inciso nella sua coscienza una norma morale, a cui deve aderire nelle sue scelte. È quello che lo stesso filosofo chiamava «l’imperativo categorico» che ci interpella a vivere secondo virtù e a rigettare il vizio.
La creatura umana deve, quindi, intraprendere una vera e propria lotta perché essa è strattonata da pulsioni e forze che la spingono a deviare e a respingere la voce di quell’«imperativo» che risuona nella sua coscienza.
Ma il cristianesimo afferma che la nostra libertà non è solitaria: certo, c’è accanto a noi anche la tentazione satanica, ma potente è il sostegno che ci viene offerto da Dio, sempre però nel rispetto della nostra scelta libera finale.
Importante è, comunque, la convinzione che bene e male sono valori oggettivi e non manipolabili come più aggrada, secondo quella concezione spesso contrastata da papa Benedetto XVI (ma anche da tutta la tradizione cristiana) del cosiddetto «relativismo etico» per cui la morale può essere plasmata secondo le circostanze o il proprio interesse personale e sociale.
Una variante di questa deviazione è l’ipocrisia che presenta la facciata pretenziosa delle cosiddette «pubbliche virtù», mentre in realtà vengono coperti ben più reali e corposi «vizi privati».
Fermiamoci qui nella nostra riflessione generale sulla virtù. A partire dalla prossima puntata inizieremo ad approfondire, tappa per tappa, il settenario delle virtù cardinali (prudenza, giustizia, fortezza e temperanza) e teologali (fede, speranza e carità), «le sette lampade della santificazione», come le chiamava il papa san Giovanni XXIII.