«Grazie alle vostre e nostre proteste marcia indietro dello Stato su gioco d’azzardo, scommesse e slot machine. Niente riapertura come inizialmente previsto. Sarebbe stato un insulto ai milioni di lavoratori e imprenditori che sono ancora chiusi in casa. Grazie a tutti». Il leader sovranista Matteo Salvini si attribuisce in un tweet il successo del dietrofront governativo sul gioco d’azzardo. Ma è un po’ un azzardo. Non mi risulta che al tempo dell'esecutivo gialloverde, quando era ministro degli Interni (non certo un’era geologica fa) fosse particolarmente attivo su questo fronte.
Oggi i due Mattei (l’altro è Renzi) cercano disperatamente di recuperare la scena politica. Il Matteo di Pontassieve, che voleva riaprire tutto, ma proprio tutto, un mese fa, ha avuto l’impudicizia di citare a sproposito i morti di Bergamo per suffragare le sue tesi («se fossero ancora vivi chiederebbero di riaprire»). Quello di Milano, più modestamente, si attribuisce una vittoria politica, se di vittoria si può parlare, che appartiene alla galassia di associazioni cattoliche, di cui l'economista Luigino Bruni, da sempre in prima fila nella lotta contro la ludopatia, è uno dei capofila.
La lista è lunghissima, Si va dall’associazione antiusura «Giovanni Paolo II» al Cartello «Insieme contro l'Azzardo», l'Associazione Nuove Dipendenze (And), l'Associazione per i giocatori d'azzardo e le loro famiglie (A.git.a), Vita, Città Nuova e Slot Mob, movimento di economisti sensibili al tema, come appunto Bruni ma anche Leonardo Becchetti e suor Alessandra Smerilli. E ancora Caritas, Acli, Azione cattolica, gruppo Abele... Salvini, cavalcando l’onda come un surfista, non li cita, anche perché è tutta gente che durante la campagna dei porti chiusi finì nel mirino dei sovranisti, in genere acerrimi nemici del Terzo settore.