Il tema della sostenibilità coinvolge politici e scienziati, ma anche le religioni, a partire da quella biblica, secondo la quale nella storia c’è la presenza attiva di Dio e della libertà umana.
«Alla natura si comanda solo obbedendole»: così scriveva già secoli fa il filosofo inglese Francesco Bacone (1561-1626). Questo rispetto è venuto meno soprattutto nei nostri tempi con l’eccesso dello sfruttamento delle risorse, l’inquinamento industriale dell’ambiente, lo spreco incontrollato dei beni, la devastazione della natura, l’urbanizzazione selvaggia. Suggestivamente il poeta inglese secentesco Abraham Cowley affermava che «fu Dio a creare il primo giardino e Caino a edicare la prima città». Si legge, infatti, nel libro della Genesi che Caino «divenne costruttore di una città, che chiamò Enoc dal nome del figlio» (4,17).
Proponendo un’«ecologia integrale », papa Francesco nella Laudato si’ rileva che «non ci sono due crisi separate, una ambientale e un’altra sociale, bensì una sola e complessa crisi socio-ambientale» (n. 139). Per questo il tema della sostenibilità, che abbiamo evocato già nella precedente puntata della nostra rubrica, coinvolge non soltanto gli scienziati e i politici ma anche le religioni, a partire da quella biblica che è storico- cosmica. L’universo è infatti visto come un «creato» e la storia umana comprende anche la presenza attiva di Dio accanto alla libertà umana.
Il progresso della civiltà deve essere sostenibile perché tutti possano soddisfare le esigenze fondamentali della vita e attuare aspirazioni e progetti dell’esistenza umana. Ecco perché, accanto ai diritti civili e politici e a quelli economici, sociali, culturali – presenti già nella Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo (1948) – si deve collocare tutta una serie di nuovi diritti, come l’equilibrio ecologico, la difesa ambientale e delle risorse naturali, fino alle questioni più speciche delle manipolazioni genetiche e della bioetica.
Lasciamo ancora la parola a papa Francesco che, sempre nella sua enciclica «sulla cura della casa comune », sollecita «una creatività capace di far fiorire nuovamente la nobiltà dell’essere umano, perché è più dignitoso usare l’intelligenza, con audacia e responsabilità, per trovare forme di sviluppo sostenibile ed equo, nel quadro di una concezione più ampia della qualità della vita» (n. 192). Concludiamo questa breve riflessione sulla sostenibilità e le relative esigenze della morale cristiana con una curiosa parabola moderna del filosofo tedesco Martin Heidegger (in Essere e tempo del 1927). Essa è la ripresa libera di elementi mitici greci. Protagonista è una dea dal nome emblematico di «Cura», sinonimo del nostro vocabolo «sostenibilità».
Attraversando un fiume, essa raccolse il fango della sponda e plasmò una figura umana. Giove le infuse lo spirito e la rese una creatura vivente. Cura e Giove si misero a litigare su chi avesse il diritto di imporre il nome e, quindi, il diritto di proprietà sulla persona umana. A questo punto reclamò il suo potere anche la dea Terra da cui quell’essere era stato tratto. I tre ricorsero a Saturno, il dio giudice che emise questa sentenza: «Tu, Giove, che hai dato lo spirito, al momento della morte riceverai lo spirito. Tu, Terra, che hai dato il corpo, riceverai il corpo. Ma finché la creatura umana vivrà, sarà sotto la tutela e la giurisdizione di Cura». Ecco perché la sostenibilità deve essere una sorta di grande protettrice che veglia sull'umanità, sulla teoria e sulla sua evoluzione.