A differenza dell’esclamativo, che è scandito da una linea verticale netta, !, il segno dell’interrogativo è simile a un artiglio, ?, che cerca di scavare in profondità e persino squarciare la pelle della superficialità. Alcune domande religiose sono spesso aspre e sfidano il teologo. È il caso che ora proponiamo e che entra nell’orizzonte paolino e nel suo apparente o reale antifemminismo. Non possiamo citare i passi in questione, che spesso sono stati impugnati come obiezioni rivolte al biblista. Li lasciamo leggere su un’edizione della Bibbia a chi vuole approfondire questo aspetto a prima vista sconcertante: Prima Lettera ai Corinzi 11,2- 16; 14,34-35; Efesini 5,21-24; Prima Lettera a Timoteo 2,9-15.
Scegliamo solo una battuta desunta dallo scritto al discepolo Timoteo: «La donna impari in silenzio, in piena sottomissione. Non permetto alla donna di insegnare né di dominare sull’uomo; se ne stia piuttosto in atteggiamento tranquillo» (2,11-12). Ci troviamo per l’ennesima volta – e i lettori più fedeli lo ricordano – ad affrontare la questione «ermeneutica», termine tecnico per indicare la corretta interpretazione dei testi non solo biblici. Si deve sempre ribadire l’Incarnazione per cui la Parola di Dio è seminata nel terreno spesso sassoso della storia umana e non è relegata in un cielo remoto ove si esprime in tesi astratte impeccabili alle quali si può accedere solo decollando dalla realtà quotidiana.
Questo vale per lo stesso Gesù di Nazaret e per le sue parole espresse in un linguaggio legato alla sua cultura così come per l’apostolo Paolo che non è vissuto ai nostri giorni e con la nostra sensibilità. Egli era immerso nella società greco-romana e giudaica che collocava senza imbarazzo la donna in una netta posizione subordinata. È a questo mondo esterno e applicando la sua personale formazione che egli si rivolge, dando indicazioni pratiche e consone a quel contesto e, quindi, da interpretare, smitizzare e ritrascrivere. Stando in un orizzonte più vicino a noi, pensiamo alle norme pastorali che venivano date un secolo fa o in epoca preconciliare. Esse tenevano conto della mentalità di allora, delle coordinate sociali e persino politiche di quel tempo.
L’evoluzione è, quindi, una costante negli orientamenti pastorali ecclesiali concreti. Necessario è, però, il rimando ai principi basilari, alla verità evangelica profonda. Ebbene, secondo il messaggio generale genuino, il Battesimo ha unito tutti e tutte al Cristo risorto, trasformandoci in figli e figlie di Dio. È ciò che lo stesso Paolo dichiara a tutte lettere ai Galati: «Non c’è più giudeo né greco; non c’è più schiavo né libero; non c’è più né uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù» (3,28). Anzi, nella finale della Lettera ai Romani l’apostolo saluta tante donne che «hanno faticato per il Signore» e giunge al punto di chiamare anche una donna, Giunia, «apostola insigne» insieme a suo marito Andronico (16,7).
E a chi leggerà anche il passo sopra indicato della Lettera agli Efesini, suggeriamo di proseguire per un’altra riga. Infatti, se è vero che – secondo il diritto allora vigente – «le mogli siano sottomesse ai loro mariti in tutto», subito dopo l’apostolo continua: «E voi, mariti, amate le vostre mogli, come anche Cristo ha amato la Chiesa e ha dato sé stesso per lei» (5,25).