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domenica 10 novembre 2024
 
Il blog di Gianfranco Ravasi Aggiornamenti rss Gianfranco Ravasi
Cardinale arcivescovo e biblista

«La lettera uccide...»

Ogni volta che sentono risuonare la parola «fondamentalismo», spontaneamente molti vi associano l’aggettivo «islamico». Le ragioni sono ben note e, in certi ambiti, sono fondate. Tuttavia il fenomeno è comune a tutte le religioni, persino a quelle basate sull’amore, la pace, la solidarietà, come il cristianesimo e l’induismo. In verità il termine fu coniato in seguito a un congresso biblico celebrato a Fort Niagara (nello stato americano di New York) nel 1895, quando si vollero definire le verità «fondamentali» della Bibbia.

Tra queste, oltre a dati come la divinità di Cristo, la sua espiazione del peccato umano con la sua morte, la sua e nostra risurrezione corporale, era collocata anche la verità letterale (o inerranza verbale) delle Scritture. Fiorì, così, una lettura della Bibbia in una modalità rigida e di ricalco dei suoi asserti così come suonano, spesso sul testo sacro non originale ma tradotto. Esemplari in questa linea sono i Testimoni di Geova, i cosiddetti gruppi «evangelicali», i telepredicatori di varie sette, soprattutto americane, ora però diffuse in tutto il mondo, alcuni movimenti carismatici.

Questo approccio al testo sacro è metodologicamente erroneo perché imbocca la via della negazione dell’Incarnazione e quindi della storicità della Rivelazione cristiana. Infatti se «il Verbo si è fatto carne», questo significa che la parola di Dio è stata espressa in un linguaggio umano ed è stata redatta, sotto l’ispirazione divina, da autori umani che si esprimevano secondo le coordinate storico-culturali in cui erano inseriti, usando modelli linguistici, visioni del mondo datate, generi letterari, fraseologie e simbologie condizionate da una determinata epoca storica. Ignorando questa dimensione “incarnata”, assumendo alla “lettera” i passi biblici, respingendo ogni corretta interpretazione e analisi storico-critica, si può non solo stravolgere la genuina comunicazione che la Bibbia vuole fare con il suo linguaggio ma anche paradossalmente raggiungere esiti antitetici rispetto al significato originario.

Per stare ai Vangeli, i fondamentalisti ignorano che quei testi non sono solo la presentazione diretta del Gesù storico, ma che la loro formazione coinvolge anche l’intervento della fede pasquale della Chiesa e le prospettive teologiche dei vari evangelisti: con questo atteggiamento come possono spiegare – poniamo – la diversità tra le «Beatitudini» riferite da Matteo (5,3-12) e quelle di Luca (6,20- 26)? O scegli le prime e rigetti le seconde (che, tra l’altro, comprendono anche le «maledizioni») o viceversa. In realtà esse rispecchiano un fenomeno storico e teologico che manifesta proprio l’incarnazione e l’attualizzazione della parola di Gesù nel contesto storico-ecclesiale delle varie comunità cristiane delle origini.

Ritorniamo, così, a un discorso complesso che stiamo svolgendo in queste puntate della nostra rubrica, quello dell’ermeneutica biblica o interpretazione corretta delle Sacre Scritture che abbiamo già avuto occasione di spiegare. Certo, se questa interpretazione non segue canoni rigorosi, può cadere negli eccessi estremi di relativizzare storicamente tutto o di assolutizzare teologicamente ogni asserto biblico.

Concludendo, il fondamentalismo ignora la realtà vera delle Scritture che sono Parola di Dio ma in parole umane e non sono frutto di un «dettato» divino, parola per parola. Questa fedeltà solo materiale merita il giudizio severo di san Paolo: «La lettera uccide, è invece lo Spirito che dà vita (2Corinzi 3,6). È ciò che cercheremo di dimostrare a coloro che continueranno a seguirci lungo questo sentiero d’altura della conoscenza biblica.


13 giugno 2024

 
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