«Essi si affollano nelle case di prostituzione, simili a stalloni ben pasciuti e focosi: ciascuno di loro nitrisce dietro la moglie del suo prossimo». Un profeta fine e sensibile come Geremia (5,7-8) diventa brutale quando deve condannare la dissolutezza indecente e spudorata che purtroppo offre le sue squallide conferme anche nelle nostre strade con le schiave del sesso o con la caduta di ogni freno morale attraverso la pornografia virtuale della Rete.
Il nostro itinerario all’interno del pianeta a luci rosse della lussuria potrebbe ramificarsi in tante direzioni, sulla scia di esempi illustri. Pensiamo soltanto a Dante con le scene del secondo cerchio infernale e della settima «cornice» del Purgatorio, ove egli condanna «l’incontenenza, la malizia e la matta bestialitade» che sono le «disposizion che ‘l ciel non vole» (Inferno XI, 81-83).
Abbandoniamo, però, l’orizzonte sterminato della letteratura, dell’arte, della cinematografia e, come siamo soliti fare, selezioniamo solo qualche spunto biblico. Alla radice c’è il duplice comandamento biblico: «Non commettere adulterio… Non desiderare la moglie del tuo prossimo» (Esodo 20,14.17).
Gesù stesso lo ha ripreso e commentato nelle esigenze radicali: il «desiderio» in questione non è un semplice sguardo o un’attrazione, bensì una scelta interiore, un intrigo programmato, una decisione della volontà. La colpa scatta già in questo atteggiamento, a prescindere dal risultato concreto che diventa un’aggravante.
Le pagine bibliche sono attraversate spesso dalle più diverse violenze canali, a partire da quelle dei Sodomiti (Genesi 19), per passare poi allo stupro di gruppo della moglie di un levita nella città di Gabaa (Giudici 19,11-30), da Dina violentata dal principe ereditario di Sichem (Genesi 34), fino alla drammatica storia di Tamar che abbiamo narrato la scorsa settimana. Indimenticabile è, poi, il giallo processuale che vede al centro la splendida Susanna, concupita e calunniata da due anziani altolocati (Daniele 13). Lunga è la fila degli adulteri, a partire dallo stesso re Davide con Betsabea, moglie di un suo generale.
Il re Erode Antipa è attaccato dal Battista in pubblico: «Non ti è lecito tenere la moglie di tuo fratello», ed è nota la tragica fine di questa testimonianza di verità. Ferma è la polemica di san Paolo contro i costumi libertari e libertini di certi cristiani di Corinto per i quali «tutto è lecito… I cibi sono per il ventre e il ventre per i cibi» e, quindi, la sessualità ai loro occhi sarebbe solo l’atto di soddisfacimento di un bisogno fisiologico senza implicazioni morali. L’apostolo oppone la concezione cristiana del corpo «non per l’impudicizia» ma come «tempio dello Spirito Santo» e «membra di Cristo» (1Corinzi 6,12-20).
Se nell’Antico Testamento le prostitute sacre dei culti degli indigeni Cananei erano una costante tentazione idolatrica per Israele, l’Apocalisse personificherà la Roma imperiale, Babilonia, come una Prostituta «ebbra del sangue dei martiri» (14,8; 17,5). E l’apostolo Paolo in apertura alla Lettera ai Romani dipingerà a tinte fosche la degenerazione morale della sua epoca. Una scena che vediamo riprodursi purtroppo ancora nella nostra società (1,26-27). Eppure l’amore autentico è sempre «il più bello dei miracoli, anche se è il più comune», come osservava lo scrittore cattolico francese François Mauriac.