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domenica 25 maggio 2025
 
Il blog di Gianfranco Ravasi Aggiornamenti rss Gianfranco Ravasi
Cardinale arcivescovo e biblista

La sorella più piccola

E' una Pasqua molto speciale quella che stiamo celebrando: non solo perché è incastonata nell’anno giubilare, ma anche perché – per una coincidenza dei calendari – le Chiese di Oriente e di Occidente si ritrovano a festeggiarla tutte in questa stessa data. Certo, per ora è un dato estrinseco, ma è un ideale appello all’ecumenismo tra le diverse comunità e riti cristiani. Scegliamo come tema della nostra riflessione quello che regge la Bolla papale di indizione del Giubileo, intitolata con la frase di san Paolo Spes non confundit, «La speranza non delude» (Romani 5,5). Sant’Agostino in un suo discorso riassumeva così l’esistenza cristiana: «In ogni genere di vita, non si vive senza questi tre moti dell’anima: credere, sperare, amare».

Come è chiaro, è la triade delle virtù teologali: fede, speranza, carità. Giustamente il poeta francese Charles Péguy, che aveva dedicato nel 1911 un poemetto alla seconda di queste virtù, definiva la speranza come la sorella più piccola rispetto alle altre due; eppure è lei – come fanno i bambini coi loro genitori – che le strattona in avanti. Essa, infatti, èprotesa sul futuro. Tuttavia lo stesso poeta ricordava anche che «sperare è la cosa difficile, a voce bassa e vergognosamente. E la cosa facile è disperare, ed è la grande tentazione».

Ancora sulla scia della letteratura e del tema, ma in una sorta di controcanto, proporrei ai lettori una frase dura di un autore italiano molto noto, Leonardo Sciascia, citandola da una sua opera, Una storia semplice, pubblicata nell’anno stesso della sua morte, il 1989. Eccola: «A un certo punto della vita non è la speranza l’ultima a morire, ma il morire è l’ultima speranza». La sua prima frase echeggia un proverbio comune fin dall’antichità (lo usava anche Cicerone): «Finché c’è vita, c’è speranza», ed è ciò che sperimentiamo davanti a molti malati gravi che s’aggrappano anche solo a una scintilla di fiducia con la speranza di superare la bufera che li investe.

Lo scrittore siciliano, però, nella sua seconda frase mette sul tappeto un’esperienza antitetica di cui siamo pure spesso testimoni, nella quale è il morire ad essere l’ultima speranza. È un argomento lacerante a livello morale, come attesta la stessa locuzione usata nell’attuale dibattito etico- politico, “il suicidio assistito”. Ritorna qui l’osservazione di Péguy: sperare è una lotta, la deriva verso la disperazione è una strada in pendenza, una discesa precipite nella voragine della desolazione.

In quel momento e in altri meno drammatici ma sempre gravi stati di sofferenza in cui si spegne la luce della speranza, è importante una mano amica che afferri il disperato, cercando di “consolarlo”. Significativa è la radice di questo verbo, “consolare”: il “desolato” è una persona “sola” a cui si avvicina colui che vuole essere “con chi è solo”, appunto, “con-solare”. Un atto d’amore che i cristiani chiedono innanzitutto al Dio che ha patito e morto come noi ma che – nella sua divinità – è risorto, deponendo un seme di vita e speranza in tutte le morti umane.


17 aprile 2025

 
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