Dopo l'esodo Dio dona al suo popolo un luogo in cui abitare, il quale da spazio geografico si trasforma più tardi in orizzonte perfetto, meta ideale e definitiva dei giusti.
Nell’arte cristiana, a partire dalle stesse catacombe, i santi non di rado sono immersi in un orizzonte luminoso e fiorito, una vera e propria ecologia trasfigurata, e quindi simbolica e ideale. Ora questa rielaborazione spirituale e poetica del mondo in cui siamo inseriti fa parte della meta verso cui converge la nostra storia travagliata e lo spazio in cui siamo immersi. È la visione che è sottesa alla cosiddetta letteratura apocalittica che attende nella speranza «cieli nuovi e terra nuova». Tuttavia nella Bibbia c’è già un ambiente in cui si pregusta questa trasformazione: è la terra promessa, reale e un po’ mitizzata. Leggiamo infatti nel Deuteronomio: «Il Signore, tuo Dio, sta per farti entrare in una buona terra: terra di torrenti, di fonti e di acque sotterranee, che scaturiscono nella pianura e sulla montagna; terra di frumento, di orzo, di viti, di fichi e di melograni; terra di ulivi, di olio e di miele; terra dove non mangerai con scarsità il pane, dove non ti mancherà nulla; terra dove le pietre sono ferro e dai cui monti scaverai il rame» (8,7-9). Questa entusiastica ed enfatica celebrazione della terra di Canaan, assegnata in dono da Dio a Israele dopo l’esodo dall’Egitto, rivela la dimensione religiosa e ideale che il tema della «terra », in ebraico ’eres, può assumere nella teologia biblica.
Essa è innanzitutto oggetto di una promessa fatta dal Signore alle origini stesse del popolo ebraico con il suo capostipite Abramo: «Il Signore disse ad Abramo: Esci dalla tua terra… verso la terra che io ti indicherò» (Genesi 12,1). E, come osserva quel grandioso scritto neotestamentario che è la Lettera agli Ebrei, «per fede Abramo obbedì partendo per un luogo che doveva ricevere in eredità…; per fede soggiornò nella terra promessa» (11, 8-9). La storia di Israele è da quel momento legata a una terra amata e idealizzata, donata da Dio in modo solenne dopo l’esodo, tanto da entrare come un articolo di fede nel Credo di Israele: «Vi diedi una terra che non avevate lavorato e abitate in città che non avete costruito» (Giosuè 24,13).
La terra è però anche la sede di un impegno che il popolo eletto deve assolvere, e questo accade non solo attraverso il lavoro, ma anche con la fedeltà al Signore. È per questo che la terra può essere contaminata dai culti idolatrici e, quindi, essere strappata dal Signore a Israele. Così, nel 586 a.C., distrutta Gerusalemme dalle armate di Nabucodonosor, il popolo ebraico si avvierà verso l’esilio babilonese. Ma quando si sarà compiuta l’ideale puricazione, si ritornerà nella terra dei padri con una marcia che un profeta del VI sec. a.C., il cosiddetto Secondo Isaia (cc. 40-55), esalterà come un nuovo esodo liberatore. In questa luce la terra di Canaan, così denominata dal nome degli abitatori indigeni, o Palestina (cioè Filistea, da una popolazione anticamente qui insediata), o «Israele» o «la Terra» per eccellenza, come la denisce l’Antico Testamento, diverrà la «Terra santa», soprattutto nella tradizione cristiana, sulla scia del libro della Sapienza che aveva usato questa locuzione (12,3). Avremo, così, progressivamente un simbolo per evocare non più uno spazio geografico, ma un orizzonte perfetto, simile alla Gerusalemme nuova e celeste cantata dall’Apocalisse. È ancora la Lettera agli Ebrei a offrirci in questa linea un’ampia meditazione (3,7-4,11), denendo la terra attesa e denitiva come il «riposo» pieno dei giusti, dei santi appunto.
Si comprende allora la «beatitudine » che Gesù pronuncia: «Beati i miti perché avranno in eredità la terra» (Matteo 5,5). Ormai non è più di scena una regione geografica e fisica, ma un nuovo orizzonte di vita e di comunione con Dio. Ed è in questa prospettiva che si può rileggere il Salmo 37 che Gesù stesso cita nella sua «beatitudine»: «Conda nel Signore e fa’ il bene: abiterai la terra… Chi spera nel Signore avrà in eredità la terra… I poveri avranno in eredità la terra» (vv. 3.9.11).