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lunedì 20 marzo 2023
 
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Cardinale arcivescovo e biblista

Palme e ulivi, segno di bellezza e di vita

La liturgia di questa domenica, sulla scia dei Vangeli, è associata a questi due alberi, che hanno un valore simbolico nella Bibbia e nella tradizione cristiana.

La folla, numerosissima, stese i propri mantelli sulla strada, mentre gli altri tagliavano rami dagli alberi e li stendevano sulla strada». L’ingresso trionfale di Gesù a Gerisalemme, secondo il Vangelo di Matteo (21,8), introduce un segno particolare di festa, i rami verdeggianti («fronde tagliate nei campi», secondo Marco 11,8) che nel Vangelo di Giovanni vengono specificati come «rami di palme» (12,13). Su questa scena possiamo sovrapporre quella degli eletti dell’Apocalisse: «Una moltitudine immensa, che nessuno poteva con- tare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua..., avvolti in vesti candide, tenevano rami di palma nelle loro mani» (7,9).

È sulla scia di queste rappresentazioni che la liturgia dell’attuale domenica propone la processione delle palme alle quali si associano gli ulivi, anche perché l’ingresso di Gesù parte da Betfage, un villaggio alle pendici del monte degli Ulivi (Matteo 21,1). Nella nostra contemplazione biblica della natura introduciamo, allora, questi due alberi che rivestono un valore emblematico nelle pagine sacre e nella tradizione ebraica e cristiana (la festa delle Capanne, per esempio, comprende un rituale in cui si agitano palme in segno di gioia). In ebraico «palma» è tamar, che diventa anche un nome proprio di persona (come l’infelice sorella di Assalonne, figlio di Davide: vedi 2Samuele 13) e di definizione di località (Gerico era detta «la città delle palme»). Questa pianta con l’armonia delle curve dei rami e del suo pennac- chio diventa simbolo della bellezza, come si dice della donna del Cantico dei cantici: «La tua statura è slanciata come una palma e i tuoi seni sembrano grappoli» (7,8), con evidente allusione ai datteri. Anzi, per il Salmista è «il giusto a fiorire come palma..., anche nella vecchiaia darà frutti e sarà verde e rigoglioso» (92,13.15). In greco «palma» è phoinix, con un ri- mando all’uccello dell’immortalità, la fenice, e alla Fenicia che sulle sue monete incideva spesso l’immagine di una palma.

All’ulivo bisognerebbe, invece, dedicare una lunga trattazione perché è, con la vite e il fico, un vegetale mediterraneo molto caro alla Bibbia, soprattutto per il suo frutto che genera l’olio. Nel Nuovo Testamento eláia, «ulivo» in greco, risuona 13 volte (3 volte come «monte degli Ulivi») ed elaiôn, «olio», 11 volte. Ricordiamo, però, che già nelle prime pagine della Bibbia appare un ramoscello di ulivo portato da una colomba a Noè come segno di rinascita della vita dopola tragedia del diluvio (Genesi 8,11). Anche Israele, risorto come popolo benedetto da Dio, «avrà la bellezza dell’ulivo» (Osea 14,7).

Tra i tanti passi biblici posti idealmente all’ombra di quest’albero ne evochiamo in finale solo due. Il primo è luminoso ed è il delizioso quadretto del Salmo 128 con il padre assiso a tavola circondato dalla moglie e dai suoi figli «simili a virgulti d’ulivo» (v. 3). Il secondo è, invece, drammatico ed è il Getsemani a tutti noto: il termine significa «frantoio per le olive», collocato all’interno di un orto di ulivi ove Gesù soffre e prega nell’ultima sera della sua vita terrena.


02 aprile 2020

 
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