Questo fine settimana vedrà accorrere a Roma (e nelle altre diocesi del mondo) i “missionari della misericordia”, coloro che hanno il compito di annunciare e operare la riconciliazione con Dio, le cui braccia si allargano ad accogliere tutti e tutte. È ciò che rappresenta la celebre tela del padre prodigo di amore che abbraccia il figlio prodigo nel peccato dipinta da Rembrandt e conservata nell’Ermitage di San Pietroburgo, sulla scia della famosa parabola di Luca (15,1-32).
Noi, invece, ci trasferiamo idealmente sulla vetta del Sinai avvolta nella nube. Dio si presenta a Mosè e pronunzia un’autodefinizione che comincia con queste parole: «Il Signore, Dio misericordioso e pietoso...» (Esodo 34,6). Anzi, questo titolo risuona a più riprese nella Bibbia ed è espresso attraverso un termine ebraico che rimanda alle «viscere» materne (rahamîm), quasi a sottolineare che si tratta di una caratteristica personale della stessa natura di Dio, qualcosa di istintivo come lo è l’amore per il figlio da parte della madre.
Di fronte alla lezione del Signore che sempre perdona e sempre si china su chi è misero e infelice, anche il credente dev’essere «misericordioso». È ciò che propone la quinta delle Beatitudini: «Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia» (Matteo 5,7). La frase rimanda idealmente al libro biblico dei Proverbi ove leggiamo: «Chi è compassionevole troverà misericordia » (17,5). Significativo è anche ciò che dichiara il Siracide, sapiente biblico vissuto nel II sec. a.C.: «Perdona l’offesa del tuo prossimo e ti saranno rimessi i peccati» (28,2). Gesù stesso, poche righe dopo le Beatitudini, ci esorta nel Padre nostro a «rimettere i debiti ai nostri debitori» (Matteo 6,12) perché Dio li condoni pure a noi. Luca sarà ancora più esplicito e, nel discorso parallelo a quello matteano della Montagna entro cui sono incastonate le Beatitudini, inserirà questa dichiarazione solenne: «Siate misericordiosi come misericordioso è il Padre vostro» (6,36).
La misericordia ha sostanzialmente due volti. C’è innanzitutto quello del perdono nei confronti delle offese. Cristo è passato per le strade del mondo proclamando e offrendo in nome di Dio il perdono dei peccati. Citando il profeta Osea, affermava: «Andate e imparate che cosa significhi: Misericordia io voglio e non sacrifici. Infatti non sono venuto a chiamare i giusti ma i peccatori» (Matteo 9,13). C’è, però, un altro lineamento della misericordia ed è quello dell’amore per i poveri e i sofferenti.
È spontaneo evocare il grande affresco che Matteo dipinge nel capitolo 25 del suo Vangelo quando, nel giudizio finale dell’intera umanità, tra gli eletti verranno collocati coloro che hanno operosamente esercitato la misericordia verso gli affamati, gli assetati, gli stranieri, i miseri, i malati e i carcerati. Ammonisce severamente san Giacomo nella sua Lettera: «Il giudizio sarà senza misericordia contro chi non avrà usato misericordia» (2,13). In questa luce sono state elaborate le cosiddette «opere di misericordia corporale e spirituale» della tradizione cristiana.