Pane e vino per la vita dell’uomo
Gesù prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò su di essi la benedizione, li spezzò e li dava ai discepoli perché li distribuissero alla folla. Tutti mangiarono a sazietà e furono portati via i pezzi loro
avanzati: dodici ceste.
Luca 9,16-17
La Solennità del SS. Corpo e Sangue di Cristo è la festa grande dell’Eucaristia, sacramento della presenza viva di Dio nel pane e nel vino. Comunione e Confessione sono i “sacramenti del cammino”: gli altri vengono amministrati una volta nella vita – o, come è il caso dell’Unzione degli infermi, in specifiche particolari circostanze – e imprimono un carattere, segnano una vocazione e una via; Eucaristia e Penitenza ci accompagnano ogni giorno sulle strade dell’esistenza, ci sostengono, ci nutrono e ci rimettono in piedi, ci danno forza quando siamo stanchi o delusi da noi stessi e dagli altri, sono segno tangibile della presenza di Gesù, che è con noi «tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Matteo 28,20).
Pane e vino, «frutti della terra e del lavoro dell’uomo» sono pegno della nostra salvezza: il peccato, alle origini, è entrato nel mondo attraverso l’atto del mangiare, che ha coinvolto tutta l’umanità nella colpa
(cfr. Genesi 3,6-7); ora, nella Nuova ed eterna Alleanza, con lo stesso atto testimoniamo la salvezza. «Ogni volta che mangiamo di questo pane e beviamo a questo calice annunciamo la morte del Signore
finché Egli venga»: così ammonisce Paolo (II lettura) e conserva anche, nello stesso testo, le parole del sacramento, pronunciate in ogni Messa dal sacerdote al momento della consacrazione.
Pane e vino sono al centro della liturgia di oggi: la I lettura ci offre il passo della Genesi relativo a Melchisedek, personaggio che non ritorna più nella Scrittura se non nel Salmo 109 (Responsorio), che lo definisce «sacerdote per sempre», e nei capitoli 6 e 7 della Lettera agli Ebrei, che riprendono proprio il passo di Genesi e ne fanno l’esegesi. Melchisedek significa «Re di giustizia »; egli è «Re di Salem»: evoca un luogo ma anche una dimensione, quella della pace, dono del Risorto; benedice Abram, che gli dona «la decima di tutto», riconoscendone dunque la dimensione divina. Melchisedek offre pane e vino: agli albori della storia della salvezza questa figura reca i segni eucaristici, manifesta la propria dimensione messianica nel nome e negli attributi, compare e scompare senza genealogia e in modo improvviso, dunque sovrumano, e prefigura il Signore, Colui che istituirà i sacramenti della fede e inaugurerà il nuovo, vero ed eterno Sacerdozio.
DIO MOLTIPLICA Solo Gesù sfama la nostra fame, che è prima di tutto desiderio di bellezza, di bene e di infinito: nel Vangelo invita gli apostoli – tutti noi! – a dar da mangiare a quanti, nonostante l’ora tarda,
rimangono ad ascoltare le Parole della vita. È vero, «non abbiamo che cinque pani e due pesci» e cos’è questo per tanta gente? Ma se siamo disponibili a dare con generosità quel che abbiamo, che è dono di Dio da far fruttificare, Gesù lo moltiplicherà per sfamare «cinquemila uomini», e ne avanzeranno «dodici ceste» piene. I numeri evocano la pienezza e la totalità; il miracolo dei pani è prefigurazione eucaristica ed è nel contempo simbolo di come la potenza dello Spirito interviene nelle povere forze umane. Coraggio: possiamo fare grandi cose, là dove siamo chiamati a operare, perché il Signore è con noi, nel dono ineffabile del suo Corpo e del suo Sangue, vero cibo per la vita del mondo.