Redenti e protesi verso la santità
Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra. Poiché insistevano nell’interrogarlo, disse: «Chi di voi è senza peccato getti per primo la pietra contro di lei». E, chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani.
Giovanni 8,6-9
È questa l’ultima domenica prima della Settimana santa: la salvezza è vicina. Isaia assicura: il nostro Dio, che ha aperto una strada nel mare, anche nel deserto aprirà una strada e farà scaturire acqua dalla steppa. Il Signore trae vita dove c’è morte: il popolo ne celebrerà le lodi, come fa il Salmo 125 che esalta le grandi cose che ha fatto Dio. San Paolo, scrivendo ai cristiani di Filippi, attesta: dimentico del passato e proteso al futuro corre verso la meta, al premio che Dio promette in Cristo. Egli è il Salvatore atteso da tutte le Scritture: è Lui che restituisce dignità all’uomo prigioniero del peccato e riconduce le creature all’originario progetto di Dio.
È questa l’esperienza della donna che incontra Gesù nel Vangelo. Siamo nel tempio di Gerusalemme, nel luogo santo per eccellenza. È l’alba. “Tutto il popolo” è presso Gesù e Lui volentieri, “sedutosi, li ammaestra”. Il suo stare seduto e il suo trattenersi senza fretta a insegnare mostra che il Maestro ha tempo e disponibilità per gli uomini, ha attenzioni e tenerezza. Egli sa che nel tempio si va per stare con Dio, per parlare con Lui e di Lui; non è lo spazio adatto per improvvisare un tribunale e condannare qualcuno, ma gli scribi e i farisei, che hanno l’obiettivo dichiarato di «mettere alla prova Gesù e avere di che accusarlo», non si preoccupano di violare lasacralità del luogo e anzi portano fin lì, di buon mattino, la donna sorpresa in adulterio, proprio perché sia vista dalla folla e perché tutti possano giudicare il comportamento del Maestro di Nazaret di fronte alla questione proposta. Scribi e farisei – persone pie! – non hanno nessun rispetto né per il tempio, e dunque per Dio, né per Gesù, né per la folla, né tantomeno per la donna, che strumentalizzano e additano con disprezzo. Essi hanno verso il tempio e la legge di Mosè lo stesso atteggiamento di strumentalizzazione: non c’è amore né zelo nel loro comportamento, ma solo la volontà insana di nuocere, a Gesù e alla donna. Restano in piedi, altezzosi e impazienti di risolvere il caso. Gesù ha un atteggiamento diverso: si china, si abbassa, resta
in silenzio e si mette a scrivere col dito per terra. Il testo sottolinea per due volte, linguisticamente, l’abbassarsi di Gesù: è Lui che si umilia per restituire agli uomini la loro originaria dignità. È prefigurato qui il sacrificio della Croce. Gesù, sollecitato per due volte, invita infine chi è senza peccato a scagliare la prima pietra.
ESAME DI COSCIENZA Gli stessi dottori comprendono: si riconoscono peccatori e vanno via, cominciando dai più anziani. Anche loro, e non solo la donna, sono coperti dalla misericordia di Gesù, che guarda con amore e non giudica nessuno: «Neanche io ti condanno». Quello sguardo, che si è posato anche sugli accusatori, cambia la vita: la Parola di Gesù, che fa luce e verità nelle storie delle persone («Vai e non peccare più») senza mai caricarle di giudizi inappellabili o di una vergogna che rende inerti, lascia sempre lo spazio per rialzarsi e convertirsi. E la mia parola? Restituisce dignità o impone fardelli pesanti, che neanche io so portare? Quale misericordia sono capace di usare? È quasi Pasqua: per entrare nel Mistero ci vuole amore. È chiesto a me per prima, nella mia quotidianità.