La Pace vera, dono del Risorto
Il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto. Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore.
Giovanni 14,26-27
Prosegue nella VI Domenica di Pasqua la lettura del discorso eucaristico del Vangelo di Giovanni. Gesù ammaestra gli apostoli nella suprema cena, lascia loro il comandamento nuovo di amarsi come ama Lui e chiarisce come si esprima l’amore verso di Lui: chi lo ama ascolta le sue parole, e Dio è con lui, vive in lui. C’è una differenza grande tra la pace che dà il Signore e quella che sa dare il mondo: il mondo ne parla, ma non la possiede, perché è dono del Risorto; altrimenti è una illusione, è semplice assenza di problemi contingenti che, come tale, chiede di essere conservata, dunque non rende liberi, come fa la Pace, ma al contrario è foriera di preoccupazioni e fatiche. La Pace di Cristo viene dal riposare in Lui, «come bimbo svezzato in braccio a sua madre» (Salmo 131): nessun male lo toccherà, egli lo sa, per questo si abbandona in pace! Ma noi, viviamo nella Pace? Siamo sereni come ogni bambino con la sua mamma?
Gli Atti degli apostoli, che raccontano le tribolazioni, persecuzioni e sofferenze per chi ha deciso di spendere la sua vita per annunciare Gesù, notano che, in mezzo a questi grandi dolori, «la Chiesa era in Pace». È sorprendente! La Chiesa era in Pace: sì, in Pace, perché riposava in Dio, era certa di essere con il Vivente, con il Signore Onnipotente, dalla parte della vita senza fine e della vittoria gloriosa della Risurrezione. Gli apostoli lo sapevano, eraquesto il deposito inestimabile della fede
che essi tramandavano. Anche se Pietro era in catene e Paolo perseguitato, anche se si subivano oltraggi nel nome di Gesù, anche se potevano esserci divergenze di vedute tra loro, era chiaro agli apostoli di essere già vincitori, e nel nome di Gesù superavano le contese per il bene di tutti (I lettura). Per noi, è chiaro allo stesso modo che Cristo vince e che la sua Pace è la nostra Pace? La fede è esattamente questo: sapere in chi abbiamo creduto (2Timoteo 1,12). Altrimenti è una favola consolante, che non cambia la storia e non trasforma la nostra vita, laddove invece la fede degli apostoli ha intessuto di sé il corso degli eventi e generato armonia fino a oggi.
UN ESAME DI COSCIENZA Il Salmo 66, che orienta il responsorio, invita: «Ti lodino i popoli, Dio, ti lodino i popoli tutti! Ci benedica Dio!». La fede nel Risorto fa tutti fratelli e richiama a un’unica famiglia, nella Pace. In essa risiede la benedizione di Dio, che è il dono della vita per tutte le generazioni! Eppure una guerra fratricida insanguina, nella nostra Europa, popoli che si professano cristiani; eppure liti per futili questioni, di eredità o di potere, di gloria o di supremazia, prevalgono sull’amicizia e sull’amore cui siamo chiamati. Domandiamoci, oggi: siamo operatori di Pace, artigiani di fratellanza nei contesti piccoli e grandi in cui operiamo, in vista della Pace perfetta che regna nella Gerusalemme celeste descritta nell’Apocalisse (II lettura)? Sappiamo rinunciare alla nostra gratificazione in nome di un amore più grande? È questa la via umile ma gloriosa, della Pace del Signore. Non è una nostra costruzione, è un dono grande del Risorto, messo nelle nostre mani perché non soccomba asfissiato dagli interessi mondani, ma fiorisca e possa fruttificare!