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venerdì 21 marzo 2025
 
Rito romano Aggiornamenti rss don Gianni Carozza

XXIX domenica del Tempo Ordinario (anno C) - 16 ottobre 2022

Fede, misericordia, preghiera

 

E il Signore soggiunse: «Dio non farà giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo? Vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?».

Luca 18,6-8

 

La riflessione sulla fede, che ci ha accompagnato nelle ultime domeniche, prosegue oggi e si sostanzia di nuovi aspetti. Il Vangelo insiste sulla misericordia di Dio e la descrive partendo da una parabola significativa, che presenta due persone diversissime: la vedova, paziente nel chiedere, e il giudice, del quale si sottolinea che è privo di ogni morale e di ogni rispetto nei confronti sia degli uomini che di Dio. Costui agisce non tanto in ragione della sua magnanimità, ma per liberarsi di una seccatura che altrimenti, proprio a motivo dell’insistenza paziente della vedova, sarebbe continuata a lungo. Il messaggio è chiaro: la capacità dell’uomo di essere magnanimo e paziente dipende spesso da una contingenza, può essere legata a una esigenza, sovente anche poco edificante. Dio opera diversamente: la sua sollecitudine verso gli uomini è gratuita e smisurata, egli conosce le debolezze delle sue creature e verso di esse è paziente, «lento all’ira e grande nell’amore» (Salmo 103,8). Egli è l’unico aiuto per l’uomo e lo custodisce (Salmo 120, Responsorio). La magnanimità misericordiosa e paziente di Dio è il cuore del messaggio evangelico: Gesù lo ribadisce, invita ad avere fiducia nel Padre e conclude con una domanda significativa, che ci interpella personalmente: «Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?».

Si pone dunque una diretta correlazione tra la magnanimità di Dio e la fede degli uomini: solo in Lui possiamo esercitare la misericordia, la capacità di perdonare oltre ogni misura, la pazienza che rende lenti all’ira. Solo Lui è magnanimo. L’uomo può chiedere a Dio il dono di questa virtù che naturalmente non possiede, e la preghiera, con cui chiediamo e coltiviamo la nostra relazione con il Signore, è espressione della fede in Colui che può esaudirci; essa è anche esercizio della pazienza sulla terra, insegna a non confidare nelle proprie forze e ad affidarci in tutto al Dio della salvezza. Mosè (I lettura) persevera nella preghiera aiutato da chi gli sostiene le mani, simbolo concreto della fatica che si può vivere quando si prega e dell’importanza di essere comunità; la II lettura (2Timoteo) invita a «restare saldi» nella fede, nell’annuncio, «al momento opportuno e non opportuno», «con magnanimità».

 

SAPER PERDONARE

La pazienza della fede, che si esprime nella preghiera, è la strada per acquisire la misericordia verso i fratelli e per esercitare la pazienza della vita: la preghiera consente di sopportare le piccole e grandi mancanze dell’altro, affidandole a un Dio lento all’ira e grande nell’amore; la preghiera insegna la prudenza e la perseveranza, che come acqua sulla roccia scava lentamente l’indifferenza anche delle persone più insensibili, come il giudice senza morale. La pazienza nei confronti dell’altro è anche la via della salvezza: numerosi passi evangelici ricordano che il Signore perdona chi è capace di perdono ed esaudisce le preghiere incessanti. Avere pazienza con l’altro è dunque via della salvezza, e lo è specificamente nella famiglia, che è spazio di perfezionamento reciproco, in cui ciascuno prende sulle spalle le mancanze dell’altro e le copre con la misericordia che impetra dall’alto.


13 ottobre 2022

 
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