Chiamati a scegliere chi servire
In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli:«Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti; e chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti. Se non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera?».
Luca 16,10-11
Siamo tutti amministratori infedeli di Dio: quotidianamente sperperiamo i doni e i talenti che ci ha affidato. Tutto è suo, ma il peccato, che ci accomuna tutti, ci fa perdere risorse, energie, tempo in attività inutili e dannose, e coinvolge in questa perdita anche le persone che ci sono vicine. Il Signore conosce la nostra infedeltà, sa che «le malvagità degli uomini sono grandi sulla terra e che i progetti del loro cuore sono rivolti al male» (Genesi 6,5); il suo Amore supera però di gran lunga ogni nostra infedeltà. Egli vuole la vita e la salvezza di ogni suo figlio, benché infedele. Per questo ha inviato il Cristo: per redimerci tutti dalla nostra iniquità e aprire a noi, peccatori, la porta del Suo Regno di salvezza, di giustizia e di pace.
La parabola del Vangelo di oggi mette al centro misericordia e fedeltà, e ci dice che la prima è agli occhi di Dio più grande della seconda: Egli solo è fedele, sicché la salvezza non dipende dalla capacità di non peccare, che nessuno di noi ha. Siamo chiamati ad amare e andare incontro agli ultimi, anche servendoci degli effetti del peccato che abbiamo compiuto, ripartendo da dove questo ci ha portato e volgendolo al bene per i fratelli. Convertirsi è capire che non ci si salva da soli: cercando il bene dei fratelli compiremo il nostro bene e troveremo la salvezza, per quanto grandi siano i nostri peccati. Pensare di essere fedeli a Dio senza aprire il cuore agli ultimi è una tentazione pericolosa. Il profeta Amos (I lettura) ammonisce duramente: «Dio non dimenticherà» la disonestà profonda di chi è formalmente “fedele”, osserva tutti i precetti religiosi, attende i tempi leciti per vendere e poi, «passato il sabato», agisce solo per il massimo profitto, «comprando il povero per un paio di sandali». È necessario entrare in un rapporto sereno e distaccato con i beni terreni, che possono diventare idoli: la I Lettera a Timoteo (II lettura) invita a pregare per i governanti, perché conducano una vita volta al bene e non si lascino incantare, coinvolgendo tutti nella caduta. Quanto è appropriato questo invito in tempo di elezioni!
LA VERA SAPIENZA
Il peccato deriva dal desiderio di potere e di beni materiali (Matteo 4,1-11): grande tentazione, «mammona di iniquità», come Gesù letteralmente chiama, nel testo greco, la ricchezza. Di questa bisogna servirsi per fare il bene, non bisogna servirla: se serviamo lei non serviamo Dio, perché «non possiamo servire Dio e mammona». Gesù è chiaro: se amiamo l’Uno odiamo l’altra, e viceversa! L’incontro con Gesù suggerisce sempre la stessa cosa (cfr. Matteo 19, Luca 19): abbandona i beni, metti al centro l’amore. Usa la ricchezza, che sei chiamato ad amministrare, per amare: ripara le tue infedeltà elargendo misericordia. Per quanto tu, «amministratore di iniquità», sia stato infedele, anche con il «mammona di iniquità» fai il bene, comunque! Gli ultimi, che Dio «risolleva dalla polvere» (Salmo 112, Responsorio), primi nel suo Regno, saranno tuoi avvocati presso di Lui: al suo cospetto non ti difenderà quanto hai costruito su questa terra, ma le persone per le quali hai avuto misericordia. Esse, «quando la ricchezza verrà a mancare, ti accoglieranno nelle dimore eterne». Comprenderlo è vera sapienza.