Dare i frutti è la nostra vera felicità
«Quando verrà dunque il padrone della vigna, che cosa farà a quei contadini?». Gli risposero: «Quei malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo». Matteo 21,33-43
L a parabola dei vignaioli omicidi è tragica e inquietante, ma è saggio considerarla con attenzione, anche se non è nei primi posti nelle scelte, per esempio dei matrimoni. Non è quel tipo di testo che in genere un sacerdote desideri commentare… e si sbaglia. Vediamo perché. È la storia di un padrone che dota una vigna di tutto quello che serve per essere ben coltivata. Questa è una citazione di un passo di Isaia che troviamo nella prima lettura. In quel caso era la vigna stessa che produceva frutti amari, mentre Gesù sposta l’attenzione sui contadini cui la vigna è affidata, i quali ne gestiscono i frutti in modo disonesto e violento. In Isaia la cattiva risposta della vigna si risolve in un annunzio di sventura. Spesso nel Nuovo Testamento questo tipo di tono sparisce, ma non qui, dove Gesù rimarca con rinnovata durezza quelle minacce, che ora sono rivolte non più a una vigna simbolica, ma a vignaioli criminali. A cosa serve tutto questo? C’è da domandarsi una cosa: il padrone, che è il Padre celeste, ha diritto di chiedere frutti? Pensiamoci bene: Dio ha diritto di bussare alla mia porta e chiedermi cosa sto facendo della vita che mi ha regalato? Dio ha diritto di vagliarmi e chiedermi se sto corrispondendo ai doni che mi ha fatto? È giusto che il Signore chieda frutti a tutta la sua Chiesa, che è la sua vigna? Prima di rispondere, proviamo a fare un’altra domanda: ma Dio viene davvero a chiedere frutto? Sì. Molte volte. Bussa alla mia porta in tutti quelli che mi circondano e mi chiedono di dare frutto, come uomo, come fratello, come padre, come cristiano, come prete o quel che sia. Mille volte Dio sta nascosto in un figlio che chiede di entrare nella sfida paziente della relazione, o in un parente anziano o malato che con la sua esistenza chiede: c’è un po’ di amore per me nel tuo cuore?
IL DIRITTO DI CHIEDERE. Dio ha piantato tanto nella vita di tutti noi. Siamo stati amati, perdonati, accolti e abbiamo ricevuto molto… per arrivare all’amore. Un coniuge chiede frutto, un amico chiede frutto, ed è giusto perché la gente ha diritto, per esempio, di trovare in un prete un uomo di Dio e non uno zitello individualista e narciso, e una bimba ha diritto di trovare in una madre una donna adulta che si sappia trascendere e che le insegni la tenerezza. Quando qualcuno non trova questo nel suo prete o in sua madre, se si lamenta ha ragione. Ci sono dei frutti che la stessa umanità chiede a buon diritto di fornire. Ma poi ci sono i doni della Vigna del Padrone, che è il suo Popolo santo, la missione che ci afda e tutto quello che ci è dato come cristiani. Il mondo chiede conto alla Chiesa dell’amore di cui parla, che non siano chiacchiere. Vale la pena di misurarsi con la serietà di questo testo, perché dare i frutti è la nostra felicità più grande, e, di contro, ragionare in modo rapace e autoreferenziale come i contadini vuol dire trasformare la vita in una porcheria. Siamo nati per amare, e solo l’amore vero, che viene da Cristo, ci può dare gioia vera. È bello dare frutto.