Celebrare il Re, riconoscerlo in croce
L’altro [ladrone] disse: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso».
Luca 23,42-43
La 34ma domenica del Tempo Ordinario, solennità di Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’Universo, è l’ultima dell’anno liturgico. Egli è «il Primo e l’Ultimo, il Vivente» (cfr. Apocalisse 1,17-18), ci libera dalla morte e ci coinvolge nella sua eternità: celebrando il suo Avvento apriamo ogni anno il tempo della liturgia e, contemplando la sua gloria, lo concludiamo. Il Salmo 121 (Responsorio), uno dei cosiddetti “Salmi delle Ascensioni”, che venivano pregati in occasione dei pellegrinaggi a Gerusalemme per le grandi feste liturgiche dell’ebraismo, ci presenta le parole di lode di quanti, in ogni tempo, si sono recati al monte del Signore, al luogo santo che evoca la sua gloria, la sua potenza, la sua regalità infinita: «Quale gioia, quando mi dissero: Andremo alla casa del Signore! Ora i nostri piedi si fermano alle tue porte, Gerusalemme! Là salgono insieme le tribù del Signore. Là sono i troni della casa di Davide», il Re dal quale discende la famiglia del Messia Salvatore.
Sono le stesse parole di gratitudine di quanti tra noi proprio oggi, in viaggio con Famiglia Cristiana, fanno tappa a Gerusalemme e contemplano in essa le vestigia del passaggio sulla terra del Signore Gesù, «immagine del Dio invisibile, primogenito della creazione; in Lui, per mezzo di Lui, in vista di Lui furono create tutte le cose e tutte in Lui sussistono. È piaciuto a Dio che abiti in Lui tutta la pienezza»; così esulta Paolo nella II lettura, mostrando il senso ultimo della sovranità del Cristo, il Re atteso da tutte le Scritture, simboleggiato nelle numerose figure messianiche dell’Antico Testamento, quali i patriarchi, Mosè, Davide, di cui la I lettura (2Samuele) presenta l’unzione regale: Dio stesso lo ha scelto come Re Messia (cfr. 1Samuele 16), immagine del Salvatore predetto dai profeti, con un’elezione e un amore irrevocabili, perché sia «capo di Israele» e guidi il popolo; nel Cristo Messia, Figlio dell’Uomo, Re eterno, finalmente vediamo Dio, che prima nessuno ha mai visto (cfr. Giovanni 1,18), e celebriamo la sua grandezza.
Il Vangelo ci conduce sul Golgota e ci fa contemplare il Signore nell’ora suprema della crocifissione: «innalzato da terra» Gesù «attira tutti a sé» (Giovanni 12,32). Tanti lo oltraggiano: i capi lo canzonano chiedendo che salvi sé stesso; i soldati lo tormentano, deridendolo con l’aceto; tutti però guardano a Lui, a quella croce che lo dichiara Re, come fa la scritta su di essa, tanto contestata perché tale, in ebraico, da attestare proprio che Gesù è Dio.
IMPLORARE LA MEMORIA DI DIO «Scandalo per i Giudei, stoltezza per i pagani, ma per i chiamati», che appartengono a Cristo (cfr. Romani 1,6), «potenza e sapienza di Dio» (1Corinti 1,24-25)! Chi vede il Re nel Crocifisso è di Cristo, Cristo lo salva. Questo ci insegna il buon ladrone, descritto solo in Luca: nell’ora della morte egli, peccatore, riconosce il Signore proprio lì, sul patibolo, sofferente insieme con lui; egli sa che Cristo, il Crocifisso, lo salva: è il Risorto, è il Signore. A questo Dio onnipotente, crocifisso per la nostra salvezza, egli chiede di ricordarlo nel suo Regno. Il buon ladrone chiede la memoria di Dio: questa non è un pensiero nostalgico, rivolto al passato; dai tempi di Noè all’estremità della storia essa è una azione concreta, un intervento che dà salvezza e dona la Vita. Il Signore, Re dell’Universo, si ricorda di noi!