«Ogni parrocchia, ogni associazione, ogni gruppo ecclesiale è chiamato a diventare protagonista della "rivoluzione" della gratitudine e della cura, da realizzare facendo visita frequentemente agli anziani, creando per loro e con loro reti di sostegno e di preghiera, intessendo relazioni che possano donare speranza e dignità a chi si sente dimenticato. La speranza cristiana ci spinge sempre a osare di più, a pensare in grande, a non accontentarci dello status quo. Nella fattispecie, a lavorare per un cambiamento che restituisca agli anziani stima e affetto».

È l’invito di papa Leone XIV che nel suo Messaggio in occasione della quinta Giornata dei Nonni e degli Anziani, in programma il prossimo 27 luglio sul tema “Beato chi non ha perduto la sua speranza”, invita a fare visita alle persone anziane che la nostra società tende a «mettere ai margini e dimenticare». Il Pontefice scrive che «quanti non potranno venire a Roma, quest’anno, in pellegrinaggio», potranno «conseguire l’Indulgenza giubilare se si recheranno a rendere visita per un congruo tempo agli anziani in solitudine, quasi compiendo un pellegrinaggio verso Cristo presente in loro. Visitare un anziano è un modo per incontrare Gesù, che ci libera dall’indifferenza e dalla solitudine».

Leone inquadra questo gesto nell’eredità lasciata da papa Francesco che, sottolinea, voleva che «si celebrasse questa Giornata anzitutto incontrando chi è solo» e nel contesto dell’Anno Santo dedicato alla speranza il quale «fin dalle sue origini bibliche, ha rappresentato un tempo di liberazione: gli schiavi venivano affrancati, i debiti condonati, le terre restituite ai proprietari originari. Era un momento di restaurazione dell’ordine sociale voluto da Dio, in cui si sanavano le disuguaglianze e le oppressioni accumulate negli anni. Gesù rinnova questi eventi di liberazione quando, nella sinagoga di Nazaret, proclama il lieto annuncio ai poveri, la vista dei ciechi, la liberazione dei prigionieri e il ritorno alla libertà per gli oppressi. Guardando alle persone anziane in questa prospettiva giubilare», sottolinea il Papa, «anche noi siamo chiamati a vivere con loro una liberazione, soprattutto dalla solitudine e dall’abbandono. Questo anno è il momento propizio per realizzarla: la fedeltà di Dio alle sue promesse ci insegna che c’è una beatitudine nella vecchiaia, una gioia autenticamente evangelica, che ci chiede di abbattere i muri dell’indifferenza, nella quale gli anziani sono spesso rinchiusi. Le nostre società, ad ogni latitudine, si stanno abituando troppo spesso a lasciare che una parte così importante e ricca della loro compagine venga tenuta ai margini e dimenticata».


Il Papa ricorda che la terza età non è priva di senso ma, al contrario, è un segno di speranza che ha il suo fondamento nella Sacra Scrittura: «Nella Bibbia, Dio più volte mostra la sua provvidenza rivolgendosi a persone avanti negli anni», scrive Leone, «così avviene, oltre che per Abramo, Sara, Zaccaria ed Elisabetta, pure per Mosè, chiamato a liberare il suo popolo quando aveva ben ottant’anni. Con queste scelte, ci insegna che ai suoi occhi la vecchiaia è un tempo di benedizione e di grazia e che gli anziani, per Lui, sono i primi testimoni di speranza. “Cos’è mai questo tempo della vecchiaia? – si domanda al riguardo Sant’Agostino – Ti risponde qui Dio: ‘Oh, venga meno per davvero la tua forza, affinché in te resti la forza mia e tu possa dire con l’Apostolo: Quando sono debole, allora sono forte’”. Il fatto che il numero di quelli che sono avanti negli anni sia oggi in aumento diventa allora per noi un segno dei tempi che siamo chiamati a discernere, per leggere bene la storia che viviamo».

La vita della Chiesa e del mondo, ricorda il Papa, «si comprende solo nel susseguirsi delle generazioni, e abbracciare un anziano ci aiuta a capire che la storia non si esaurisce nel presente, né si consuma tra incontri veloci e relazioni frammentarie, ma si snoda verso il futuro», scrive il Pontefice che cita il libro della Genesi dove si trova «il commovente episodio della benedizione data da Giacobbe, ormai vecchio, ai suoi nipoti, i figli di Giuseppe: le sue parole li spronano a guardare con speranza al futuro, come al tempo delle promesse di Dio. Se dunque è vero che la fragilità degli anziani necessita del vigore dei giovani», sottolinea, «è altrettanto vero che l’inesperienza dei giovani ha bisogno della testimonianza degli anziani per progettare con saggezza l’avvenire. Quanto spesso i nostri nonni sono stati per noi esempio di fede e di devozione, di virtù civiche e impegno sociale, di memoria e di perseveranza nelle prove! Questa bella eredità, che ci hanno consegnato con speranza e amore, non sarà mai abbastanza, per noi, motivo di gratitudine e di coerenza».

Leone conclude il suo Messaggio, datato 26 giugno, ricordando che «il bene che vogliamo ai nostri cari – al coniuge col quale abbiamo passato gran parte della vita, ai figli, ai nipoti che rallegrano le nostre giornate – non si spegne quando le forze svaniscono. Anzi, spesso è proprio il loro affetto a risvegliare le nostre energie, portandoci speranza e conforto. Questi segni di vitalità dell’amore, che hanno la loro radice in Dio stesso, ci danno coraggio e ci ricordano che “se anche il nostro uomo esteriore si va disfacendo, quello interiore invece si rinnova di giorno in giorno”. Soprattutto da anziani, dunque, perseveriamo fiduciosi nel Signore», è l’invito del Papa, «lasciamoci rinnovare ogni giorno dall’incontro con Lui, nella preghiera e nella santa Messa. Trasmettiamo con amore la fede che abbiamo vissuto per tanti anni, in famiglia e negli incontri quotidiani: lodiamo sempre Dio per la sua benevolenza, coltiviamo l’unità con i nostri cari, allarghiamo il nostro cuore a chi è più lontano e, in particolare, a chi vive nel bisogno. Saremo segni di speranza, ad ogni età».