In una situazione di guerra, come quella che sta affrontando l’Ucraina, a cominciare dal 2014 e soprattutto con l’invasione russa del 2022, si assiste a situazioni di aggressione di intere comunità di civili, ad atti di violenza, anche su donne e bambini, che portano alla distruzione radicale dello spazio e del tempo; viene oltrepassato il limite dell’umanità; si giunge a un vero e proprio collasso ontologico. In questo contesto il ruolo del cappellano è quello di essere presente sul campo accompagnando i militari per la cura dello spirito, con l’amministrazione dei sacramenti anche in trincea, con la preghiera nei piccoli gruppi, con il sostegno e la consolazione. Sono state queste le parole pronunciate da padre Andrij Zelenskyy. Sacerdote gesuita, responsabile dei cappellani militari ucraini, nel corso dell’incontro degli Ordinari militari delle Conferenze Episcopali d’Europa.

L’assemblea si è tenuta a Vilnius, proprio negli stessi giorni in cui nella capitale lituana si svolgeva al vertice della Nato, in cui si è ampiamente discusso del conflitto in Ucraina. Un’occasione per riflettere sulla cura pastorale dei militari e delle loro famiglie nell’attuale, difficile, scenario europeo. Ad accogliere i vescovi è stato il presidente del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa, nonché ordinario militare per la Lituania, l’arcivescovo di Vilnius Gintaras Grušas. Il prelato ha parlato del pellegrinaggio a Lourdes delle Forze armate, che ogni anno raduna nel santuario mariano migliaia di giovani soldati.

All’arcivescovo di Sarajevo e ordinario militare della Bosnia ed Erzegovina, monsignor Tomo Vukšić, è spettato il compito di parlare del servizio dei cappellani nei contesti post-bellici, a partire dall’esperienza nella guerra dell’ex Jugoslavia, in un contesto multietnico, multireligioso e multiculturale. «Nella Bosnia ed Erzegovina», ha detto l’arcivescovo di Sarajevo, «in termini di una ricostruzione materiale, sono visibili non pochi progressi, fatti negli ultimi 30 anni, però ancora resta molto da fare nel senso materiale e soprattutto a livello di guarigione delle ferite psicologiche e dei traumi profondi. Perciò, la creazione dei presupposti legali, sociali, politici, culturali, religiosi ed economici per la costruzione di una pace giusta e duratura, basata sul dialogo e sul pieno rispetto dei diritti delle singole persone e dei tre popoli costitutivi, emerge come una priorità assoluta. E per giungere a tale scopo, è necessaria la collaborazione concreta tra tutte le componenti della società, comprese quelle religiose, compreso quello dei cappellani militari e ministri delle altre Chiese e religioni».

L’ordinario militare per l’Italia, monsignor Santo Marcianò, ha presentato una relazione sulla pastorale nel mondo militare tra sfide e opportunità. «Come Ordinariati Militari siamo, nelle diverse Conferenze Episcopali Nazionali, Chiese particolari con i rispettivi Ordinari. Ma tra noi siamo anche – passatemi il termine – Chiese “sorelle”, in quanto ci ritroviamo all’interno di quella realtà militare che vorremmo sempre più vedere come una vera e propria “famiglia”», ha detto Marcianò. «E credo sia qui il cuore del nostro compito, aiutato dai valori che il mondo militare porta con sé: essere consapevoli che i militari non sono soltanto persone alle quali offriamo un servizio ma una famiglia, una comunità, una porzione di Chiesa “a servizio” del mondo. Che grande e meraviglioso compito formare i nostri fedeli a questa consapevolezza! Una consapevolezza che, anzitutto, getta luce sulla figura del militare cristiano, illuminando, nell’oggi, la sua variegata e non facile missione per la pace».

Ha continuato l’arcivescovo: «Essere vicini ai militari e alle loro famiglie ci fa toccare con mano, assieme ai cappellani militari, quanta dedizione e abnegazione esiga la difesa della vita umana in tutte le sue fasi e situazioni; la protezione dei più deboli; l’accoglienza prudente ma senza scarto, così importante per la corretta gestione di una delle emergenze più delicate che l’Europa si sia trovata ad affrontare, con l’arrivo di tanti profughi; il soccorso pronto e coraggioso nelle calamità naturali, il servizio a popoli afflitti da guerra, violenza e povertà, l’applicazione delle ricerche scientifiche più raffinate alla promozione della giustizia e alla custodia del creato e del patrimonio artistico… Una grande opera di pace, perché la pace è un’armonia di elementi, nel rispetto dell’ordine stabilito da Dio».