Una sconfitta per tutti. La legge sul suicidio assistito approvata dal consiglio regionale della Toscana è proprio questo. Per i malati, le loro famiglie. E anche per la politica, che ha pensato, tacendo, di propiziare un male minore.

Tutto congiura oggi a estendere i diritti a dismisura, secondo istinto, inclinazioni ideologiche e sentimento del tempo. Tutto congiura a considerare uomo chi è efficiente, produce, realizza. In pochi decenni è stato sdoganato il diritto all’aborto e i «motivi fondati» sono stati estesi fino ad annullare qualsiasi valutazione. «Motivi psicologici», che spesso coprono il più semplice “non mi va”. Il diritto a essere quel che si sente di essere, uomo o donna o tutte le lettere dell’alfabeto, negando la realtà.

Il diritto a comprarsi un figlio, sfruttando il corpo delle donne, nonostante ci siano tanti bambini soli.

Il diritto a trasformare il proprio, di corpo, snaturandolo.

Il diritto a morire quando e come si vuole. E perché non a uccidere? Si chiama suicidio assistito. Dare la morte «pietosamente», si dice, per liberare l’uomo dal dolore, dal senso di inutilità. Ma si può togliere a un uomo sofferente il dolore, lo si può far sentire prezioso.

A che serve? Ecco, la parola servire, in senso utilitaristico, è la dominante del nostro tempo sempre più cinico. Nessuno “serve”, il mondo va avanti benissimo senza di noi. Ma ne siamo davvero convinti? E quando ci toccherà?

Nessuno giudica il dolore indicibile di persone costrette all’immobilità, nemmeno che scelgano di farla finita. Ma che sia lo Stato ad aiutarle è la resa alla cultura dello scarto e alla non volontà di cura. È la fine della medicina.

Tutti vorremmo, subito, una legge che allarghi a chiunque le cure palliative, che cancelli l’accanimento terapeutico, che preveda degli hospice in cui vivere la malattia con dignità. Quindi una legge ci vuole e il Parlamento deve legiferare.

I partiti devono affermare con coraggio la loro visione dell’uomo, esporsi, dichiararsi. È inaccettabile che un tribunale decida, o una regione scelga per sé, soprattutto se si tratta di decisioni assunte, parrebbe, per opporsi a un governo legittimato dalle elezioni. È uno sfregio aggiuntivo che l’approvazione della legge regionale in Toscana sia avvenuta nella Giornata del Malato, riprova che possiamo ipocritamente ripararci dietro iniziative formali, per tacitare ragione e coscienza, ma dei malati, di chi sta loro accanto, ci importa ben poco. E i cristiani, una volta tanto, su questi temi decisivi, siano liberi da diktat di partito e uniti sulle parole del Vangelo, sulla dottrina della Chiesa. Inutile inventare nuovi schieramenti politici venati di nostalgia se l’obiettivo è solo spartizione di potere. Sulla vita, sull’idea di persona, sui suoi diritti fondamentali si gioca la nostra credibilità e il futuro dei nostri figli.

La bellissima canzone di Simone Cristicchi applaudita a Sanremo commuove perché descrive una posizione umana vera, naturale: si può amare una vecchia madre diventata bambina, si ama chi è malato, si impara ad amarlo e assisterlo con tenerezza, muovendo ogni energia perché ogni attimo non risulti vano. Per chi soffre e per noi.

(foto in alto, Ufficio Stampa Consiglio Regionale Toscana)


In collaborazione con Credere
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