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La vera “benedizione”, per Innocenzo e Carlo, è «essere riconosciuti come famiglia all’interno della nostra comunità». Insieme da 19 anni e uniti civilmente da tre, entrambi vengono da un percorso di fede personale e familiare che li ha spinti nel tempo e con fedeltà a cercare il loro posto dentro la Chiesa. Galeotto fu l’incontro a Kairos, un gruppo di cristiani Lgbtq+ di Firenze di cui Innocenzo è tuttora uno dei coordinatori, nel 2005, «anni in cui per gli omosessuali non c’era un luogo in cui pregare. Ci unì scoprire», racconta Carlo, «che Innocenzo aveva come madre spirituale una suora di clausura e io ero affezionatissimo alle Clarisse. In quel luogo, negli incontri che il gruppo organizzava, si fondevano gli aspetti decisivi della nostra vita. L’omoaffettività e l’amore per Dio».
Dopo anni di frequentazione e dopo essersi presentati rispettivamente alle famiglie di origine, «ci sentiamo fortunati perché, pur con tutta la fatica del caso, siamo stati accolti e mai giudicati», anche se i genitori di Carlo, va detto, erano in difficoltà, si sono uniti civilmente nell’agosto 2020: «Un impegno di fedeltà e amore davanti alle persone che ci vogliono bene, ma anche l’occasione per toglierci dall’imbarazzo di dire chi eravamo l’uno per l’altro». Innocenzo lavora in una Rsa; Carlo, dopo un passato da religioso, è vigile a Firenze. «Per l’occasione abbiamo creato un sito in cui raccontare di noi e condividere con gli altri chi siamo e cosa desideriamo. Per rendere partecipi le persone della nostra promessa di vita buona insieme».
Una serietà apprezzata anche nella parrocchia dove vivono, a Campi Bisenzio, alle porte di Firenze, dove sono coinvolti «nel coro, nella catechesi per adulti e», specifica il parroco, don Bledar Xhuli, «nel gruppo famiglie. Diversamente, nemmeno io avrei titolo per partecipare ». Una famiglia, la loro, senza figli: «Abbiamo scelto di non averne. La nostra paternità si esprime nei confronti di chi accogliamo in Kairos e nell’aver creato l’esperienza di Gionata.org, un portale nato nel 2007 per raggiungere chiunque viva questa condizione e perché nessuno si senta solo».
Quella stessa solitudine e quello smarrimento profondo che hanno provato i genitori di Gioia quando la figlia gli ha confessato di essere omosessuale. Quel giorno Maria e Paolo Aminti lo ricordano bene, lei seduta sul divano in sala, le lacrime che scorrevano sul viso per la fatica e il dolore di ciò che abitava il suo cuore. «Si era innamorata di un’altra donna. Lì per lì fu come se il tempo si fosse fermato, fu un evento inatteso e sconvolgente. La sera fu impossibile prendere sonno. Ci chiedevamo cosa avessimo sbagliato ». A maggior ragione perché da trent’anni sono coinvolti nella pastorale parrocchiale e diocesana. «Nostra figlia faceva parte di quel mondo di cui non riuscivamo nemmeno a pronunciare il nome, Lgbt, una sigla che definiva qualcosa di esoterico, disgustoso, riprovevole. Quella notte», aggiunge Maria, «mi venne in soccorso la frase della Bibbia “tu sei preziosa ai miei occhi e io ti amo”. Se lo stava dicendo a me, lo diceva anche a Gioia. Ho impiegato nove mesi per “ri-partorire” mia figlia così com’è e non come me l’ero immaginata. Allora il dolore immenso è cessato».
Oggi Paolo e Maria aspettano, con serenità, l’unione civile in giugno di Gioia e della compagna e da febbraio, insieme a don Andrea Bigalli, suor Fabrizia Giacobbe e don Giovanni Martini, faranno parte del coordinamento per la Pastorale dell’inclusione voluta dall’arcivescovo di Firenze, Giuseppe Betori. «Il Signore ci ha cambiato il cuore e gli occhi. Abbiamo dovuto attraversare un percorso di esodo, lasciando terre conosciute per terre lontane che ci mostravano una realtà ben diversa da quella che avevamo immaginato, nella quale pure abitano fedeltà, responsabilità e cura. In questo ci ha aiutato suor Fabrizia, volto accogliente della Chiesa che, avendo accompagnato negli anni tanti genitori e tante persone, ha pianto con noi e ci ha messo in contatto con la rete “3volte genitori” ».
Il loro impegno adesso li porta anche a incontrare i vescovi toscani per parlare di questi temi. «Partendo dalle persone e non dalla loro classificazione; eliminando i messaggi semplificati che non rendono giustizia alla verità della Parola di Dio si può sfatare un’interpretazione fondamentalista della Bibbia che crea un filo spinato, clave sulla testa delle persone omosessuali. Il loro orientamento non è una scelta o un vizio e spesso sono persone animate da grande fede duramente provata. La pastorale che nasce a Firenze è il segno di una Chiesa in ascolto, frutto del percorso sinodale. Il Papa illumina questa strada: a una mamma come noi già nel 2020 disse: “Dio ama i vostri figli così come sono e anche la Chiesa li ama”». Seconda in Italia dopo Torino, la nuova pastorale si inserisce all’interno della Pastorale per la famiglia: «Nel segno di una Chiesa che dialoga e costruisce insieme risposte nuove», afferma don Andrea Bigalli. «Dentro alla famiglia perché è la prospettiva fondamentale dell’esistenza. Un tema divisivo affrontato nell’orizzonte della misericordia, l’atteggiamento con cui ognuno di noi si pone di fronte a Dio perché nessuno è senza peccato e tutti dobbiamo continuamente convertirci all’amore di Cristo».
E le condanne della Bibbia? «Il dato biblico è la realtà su cui il Concilio Vaticano II ha operato le rivoluzioni più radicali. Sono testi nati in determinati contesti storici che vanno riletti da una prospettiva diversa oppure, ancora oggi, dovremmo lapidare gli adulteri, fare sacrifici sugli altari. Invece possiamo e dobbiamo evolvere, l’interpretazione biblica stessa cresce e migliora con il succedersi delle generazioni. I Vangeli orientano l’interpretazione della Sacra Scrittura, la novità di Gesù spinge a rileggere con strumenti nuovi la Bibbia nella prospettiva della benevolenza di Dio». Suor Fabrizia Giacobbe, insieme alla sua comunità di suore domenicane, è stata pioniera nell’accoglienza: «Per tutte noi, l’incontro con le persone omoaffettive, guardate spesso con sospetto o imbarazzo, è stato motivo di grande gioia e ci ha edificate per la fede profonda che hanno mostrato, per l’autenticità del loro cammino sempre alla ricerca della volontà di Dio sulla propria vita. Ci hanno edificato anche i genitori che potrebbero diventare un modello per le nostre comunità cristiane e la Chiesa tutta; ho visto il loro sconcerto davanti al coming out dei figli ma, con il tempo, anche la capacità di intraprendere per amore un percorso in grado di liberare da pregiudizi e rigidità. Ed è quello che auguro anche alla Chiesa: un cammino in cui mostrare sempre di più un volto di madre, espressione di un cuore proprio vicino a tutti».
In copertina, una foto dell'ultima udienza della Tenda di Gionata con papa Franceso.



