«L'Eucarestia è la mia autostrada per il Paradiso». Il cardinale Marcello Semeraro, Prefetto del Dicastero delle Cause dei santi, richiama una delle frasi più citate di Carlo Acutis per spiegare che è lì, «in quell’ancorarsi a Cristo, il fondamento della santità del ragazzo» morto il 12 ottobre del 2006, a soli 15 anni, e che domenica 7 settembre sarà canonizzato da papa Leone XIV insieme a Pier Giorgio Frassati. Il giorno dopo, alle ore 12, nella Basilica di San Pietro, è in programma la Messa di ringraziamento che sarà presieduta proprio dal cardinale Semeraro.

Eminenza, sono passati meno di vent’anni dalla morte di Acutis. Un processo veloce?

«Ce ne sono stati anche altri, nella storia della Chiesa, così celeri. Non c’è dubbio,però, che in questo caso abbia avuto un ruolo importante la cosiddetta “fama” di santità. Ovviamente non sto parlando di quella fama effimera che può essere la semplice notorietà, ma del concetto canonico, del senso della fede espresso dal popolo di Dio che ha conosciuto questa figura».

Questa fama si è diffusa subito. Come mai?

«Ha contribuito certamente anche il fatto che fosse un adolescente e che sapesse usare Internet. Ha attratto fin da subito i suoi coetanei anche da Paesi molto lontani, dal Brasile, dal Messico, per esempio. E si è cominciato, quasi con un passaparola, a invocare la sua intercessione in caso di incidenti, malattie, bisogni vari».

Studiando la sua vita cosa è emerso di questi quindici anni?

«Una crescita di consapevolezza cristiana, una disponibilità d’animo, quasi fin da bambino. Era attento alla vita interiore, alla devozione eucaristica. Nelle testimonianze che abbiamo vagliato per la causa di canonizzazione mi ha impressionato quella sua frase sull’Eucaristia come autostrada per il Paradiso. È un’immagine bella e intelligente. Ma non è solo un’espressione. Una delle persone che lavorava per la sua famiglia e che se ne è occupato dall’età dei quattro anni fino alla morte ha dichiarato che, fin dalla Prima Comunione, aveva avuto un amore particolare per il corpo di Cristo. Lui, che non era di religione cristiana, ne era rimasto stupito. Aveva il compito di accompagnarlo a scuola e negli altri impegni. Tutti i giorni lo portava anche in parrocchia e qui, al termine della preghiera, si avvicinava al Tabernacolo con l’ostia consacrata e ne accarezzavala porta quasi a dire: “Qui c’è Gesù”. Non lo faceva per esibizionismo, tanto che, ha dichiarato il testimone, era un gesto che non compiva se in chiesa c’era qualcun altro. Questa attenzione è molto particolare per un adolescente. Credo che sia stata questa veracità dell’amore all’Eucarestia che lo ha fatto camminaresulla via della santità».

Aveva messo anche il Web a disposizione di questo amore.

«Sì, sollecitato dalla parrocchia, ma anche spinto dal suo desiderio aveva creato un sito con una sorta di mostra sui miracoli eucaristici. Lo aveva fatto con serietà, riuscendo a coinvolgere anche i suoi coetanei».

Quindi non è solo il momento della malattia che ne fa un santo?

«Quello è stato, per così dire, il momento della verità. Per tanti versi aveva avuto una vita facile, in una famiglia agiata, senza troppi problemi. Certo, c’era questo amore per l’Eucaristia, una certa attenzione ai poveri, l’uso di Internet per parlare di fede. Ma è la diagnosi, che coglie di sorpresa sia i genitori sia lui, che ne fa emergere la maturità. La sua reazione ci dice dell’autenticità del suo cammino. Invece che disperarsi dice subito di essere contento di andare in paradiso. Non era preparato a quella notizia, muore in pochi giorni, ma reagisce immediatamente pensando di consolare i genitori, gli amici, i parenti con una serenità certamente non comune in un adolescente».

Perché ha chiesto di essere sepolto ad Assisi?

«I genitori avevano una casa in Umbria e lui era rimasto molto colpito dalla figura di san Francesco. Ne era affascinato e ha voluto esprimereil segno di questa sintonia».

Ci sono state molte polemiche per le reliquie vendute anche in Rete.

«La famiglia ha donato il corpo di Carlo alla diocesi di Assisi. Fino al momento della beatificazione la Chiesa non permette che si confezionino reliquie da un corpo. Dopo ci sono le cosiddette reliquie da contatto, pensiamo ad esempio a un oggetto di quella persona, o quelle cosiddette ex corpore. Quest’ultima è una prassi ancora esistente ma che sta andando in disuso. In ogni caso, è vietato farne commercio: è molto grave che ciò sia accaduto con Acutis, sia sotto il profilo del delitto ecclesiastico che di quello morale».