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Di Federica Montanari
È stato recentemente pubblicato per i tipi della Libreria Editrice Vaticana il volume "L'evoluzione del concetto di mistica cristiana", che racchiude gli Atti dell'ultimo convegno internazionale di mistica tenuto ad Assisi l’8-9 settembre 2022. Abbiamo rivolto alcune domande a padre Luigi Borriello, Carmelitano scalzo, già docente di Teologia Spirituale presso la sezione San Tommaso della Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale di Napoli Capodimonte e di Teologia mistica e di Storia della spiritualità presso l’Università Pontificia Teresianum di Roma. Padre Borriello è anche consultore presso la Congregazione delle Cause dei Santi e la Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le società di Vita Apostolica e autore di numerosissime opere su temi della mistica e della spiritualità.
Padre Luigi, parlare di mistica non è facile, ma se si volesse declinare l'argomento semplificandolo e rendendolo più fruibile, come si potrebbe spiegare la mistica e la vita mistica?
«Il mistico è una persona che ha trovato il senso della vita; è colui che resta in ascolto, in tensione verso l’Altro e in questo ascolto trova i passi da compiere per poter realizzare la propria vita. Questi passi sono puliti da ciò che non si deve fare perché è male e da ciò che non si deve fare perché è inutile. La vita del mistico si può paragonare ad un silenzio contemplativo che preannuncia una poesia. Si tratta di un silenzio profondo nel quale la persona è come protesa nell’ascolto del Dio vivente, con il quale si relaziona. In questo silenzio, pieno di pace e di contemplazione, il mistico resta e da questo silenzio sgorga poi una poesia che è tutta la sua vita. Tutta la vita del mistico è una poesia che si srotola per le strade del mondo. È una poesia fatta di opere armoniose, piene di amore gratuito, traboccanti di una dolcezza che tocca il cuore del prossimo. È come se questa presenza del Dio vivente, che accompagna il mistico e che si relaziona profondamente con lui, sgorghi poi in parole ed opere attraverso la sua vita. Per questo il mistico diventa per chi lo incontra, per tutta la realtà nella quale è immerso, una sorta di toccasana. È come un diffusore di un’Armonia che risana i cuori, che risana le relazioni, che risana profondamente la vita interiore di coloro che lo sfiorano; perché il mistico non si può possedere. Il mistico lo si può accogliere, si può restare alla sua presenza, vivere la sua compagnia, godere i frutti di questa presenza, perché si sente profondamente che egli non è solo. E si assapora la necessità di non disturbare questo colloquio continuo ed intimo che il mistico ha con il Dio vivente».
Come nasce la relazione fra la persona e il Dio vivente?
«Ecco che parlare di mistica è proprio parlare di questo, di come nasca la relazione fra la persona e il Dio vivente. Questa relazione è qualcosa di indefinibile ma è contemporaneamente qualcosa di concreto. È un’esperienza. È fare esperienza della presenza della Trascendenza nella nostra vita. È Dio che si fa sentire, si rende percepibile. Si fa vicino. La Sua Presenza è come una sorta di carezza che porta in sé tutta la dolcezza del gesto e tutta la concretezza del tocco. Dio si fa accanto e la persona coglie questa Presenza. Lì ha inizio la vita mistica. Si può definire come un fare esperienza della trascendenza e dell'immanenza di Dio nella nostra vita concreta. Dio è eterno ed onnipotente e si fa vicino a noi. Questa presenza impalpabile diventa concreta. Non resta qualcosa di evanescente e puramente spirituale ma si concretizza plasmando la nostra vita, plasmando la vita di tutti coloro che scelgono di ascoltare questa Presenza e di non rigettarLa. La relazione col Dio vivente incide nelle scelte della persona diventando concreta nelle parole e nelle opere di coloro che accolgono questa relazione con l'Onnipotente. Allora possiamo pensare a quello che ha detto Papa Francesco, cioè “prendiamo l’abitudine di chiedere al Signore”, che significa chiedere per restare in ascolto. Si potrebbe dire: “impariamo ad ascoltare”, ad entrare in questo rapporto di intima confidenza in cui c’è una sorta di colloquio continuo, di verifica continua, di richiesta continua, di ascolto di un'indicazione divinamente ispirata che fa della nostra vita armonia pura, poesia, dolcissima compagnia che trasforma la vita, le sofferenze e anche le scelte più difficili in qualcosa di estremamente luminoso e potente. E quindi con questo sguardo è possibile anche assaporare più profondamente questo rapporto che può essere racchiuso in una sorta di immagine: il dono totale, il lasciarsi gradualmente o immediatamente trasformare in dono totale».
Com'è possibile questo?
«Il lasciarsi trasformare in dono totale lo si può comprendere solo in un rapporto d’amore. Per amore si può fare tutto, si può dare anche la vita. Pensiamo al rapporto fra una madre ed un figlio. La disponibilità a dare la vita è sintomo di un'esistenza rivolta verso la Trascendenza, verso l’ascolto di questo Dio vivente che si fa prossimo, disponibile e continuamente ricco di doni per noi. Un Dio che fa della nostra vita, di ognuno di noi dono totale. Questo non è per pochi fortunati, ma per ogni persona; quindi pensando anche al genere umano, per ogni persona questa Presenza diventa dono totale e chiama al dono totale. Si tratta di un Dono totale di Dio per noi e di un dono totale di noi stessi per Dio».
Cosa significa? Che cos’è il dono totale?
«Il mistico lo incarna il dono totale, diventa dono totale, diventa “iper-dono”. E quindi perdono. La persona prende parte alla misericordia di Dio ed è fatto strumento potente dell’Onnipotenza divina, perché partecipe di questa Presenza, che lo accompagna e che donandosi tutta a lui fa della sua vita come una manifestazione incarnata della bontà di Dio, dell’Amore di Dio. Per questa dinamica di dono totale ricevuto e ridonato, la vita del mistico è intrisa dell’Essere divino che si dona a lui. E qui comprendiamo come non si possa parlare di concetti astratti ma si debba annunciare un Amore che si incarna. Quindi la vita del mistico diventa dono totale ricevuto, dono totale ridonato, iper-dono e quindi perdono, misericordia per l’altro. In ogni parola e in ogni gesto il mistico diventa strumento di salute; scioglie i nodi, abbatte le barriere, destruttura tutte le deformazioni. Allora è interessante comprendere come la persona che vive il dono totale, questo iper-dono che si fa perdono-strumento di salvezza per il prossimo, sia poi possibile quasi guardarla nella sua meravigliosa struttura, che è una struttura esterna, visibile all’occhio della carne, ma è anche una struttura interna che spesso non è possibile cogliere».
Detto questo che cos’è la mistica?
«La mistica è ciò che ci permette di guardare oltre ciò che appare, di coglierne il senso profondo, il senso della vita e della persona. Per parlare del senso della vita è necessario indagare la persona».


Che cosa si intende per struttura della persona?
«Quando parliamo di struttura della persona è necessario parlare di una struttura esterna che si erge maestosa e va verso il mondo in questa armonia di parole e di azioni, e poi di una struttura interna che spesso non viene considerata ma che rappresenta le fondamenta di quella esteriore (visibile, concreta e percepibile) e che fa innamorare il cuore dell’altro perché dalle profondità del cuore dell'essere umano trabocca Dio verso il prossimo».
Da dove viene questa struttura esterna così bella, così armoniosa?
«La struttura esterna o Castello esteriore (per usare un termine caro a Chiara Lubich) viene edificata sulla struttura interna, dove in quel Castello interiore, che descrive bene santa Teresa d’Avila. Qui nella settima stanza, quella più profonda, quella più interna, troviamo a dimorare il Re dei re. Questo Dio-Re vivo...questo Dio vivente non solo ci accompagna, non solo accompagna la vita del mistico, ma sceglie di dimorare in noi. È proprio quel Suo dimorare in noi che fa di ogni parola ed ogni opera del mistico manifestazione dell’amore misericordioso di Dio, iper-dono per l’altro. La vita del mistico è per il prossimo Dono di una pace che non è acquistabile se non nel rapporto intimo con Dio. Ecco che cos’è la vita mistica e in questo tentativo di dare delle immagini per poter parlare anche in modo sgangherato per mezzo di parole che fanno fatica e descrivere la realtà di questa Trascendenza che si fa immanenza nella nostra vita, ecco che si può parlare di un dono totale che si fa iper-dono, che è perdono-salvezza per l’umanità e che possiamo identificare con un termine, che sembra difficile, ma non lo è: l’inabitazione trinitaria».
Che cosa si intende per inabitazione trinitaria?
«È un termine difficile. Essere inabitati è comprensibile. Essere inabitati dalla Trinità è un po’ più complicato. Proviamo a spiegare cosa significhi “Essere inabitati dall’amore”: quando mi innamoro, mi innamoro dell’altro ed ho un desiderio indescrivibile di essere tutto/a dell’altro/a...una cosa sola con l’altro/a. In parole povere l’altro/a viene ad abitare nel mio cuore perché ogni sua parola ed ogni suo gesto parlano dell’amore che l’altro/a ha per me. E quindi l’altro/a mi inabita anche quando non c’è. La sua presenza resta viva dentro il mio cuore, le sue parole riecheggiano e mi ricolmano d’amore. I suoi gesti sono pieni di salute per me, sono un continuo far memoria che l’altro/a mi ama e quindi la mia vita è bella, non è inutile, perché sono amato/a, sono oggetto dell’amore dell’altro/a e quindi la mia vita è preziosa.
Sentirsi amati è sentirsi preziosi. Allo stesso modo questo accade fra la persona e Dio, possiamo dire all’”ennesima potenza”, o all’ennesima onnipotenza. Infatti in quel rapporto intimo di confidenza, di complicità, di ascolto del Dio vivente che poi nella nostra vita si fa parole ed opere che vanno verso il prossimo, ecco, in quell’ascolto, noi udiamo il sussurro dell’amore che Dio ha per noi. E queste parole divine, che sono sussurrate al nostro cuore ed ispirano le nostre parole e le nostre azioni, restano in noi, ci inabitano, e ci ricolmano di amore e di pace, perché ci ricordano di essere amati».
Dio è trascendente. Come si può parlare dell'opera di Dio...delle azioni di Dio nella vita della persona?
«Dio è trascendente ed è difficile quindi parlare di atti divini che Dio compie nella nostra vita. In realtà questi atti divini sono continui, perché le Sue Parole, sussurrate al nostro cuore, diventano luce sui passi da compiere nella nostra vita e quei passi, che noi compiamo accompagnati da Dio, alla Presenza di questo Dio vivente, che è con noi in questo rapporto intimo, questi passi diventano le azioni che il Signore compie nella nostra vita ispirandoci e alle quali noi aderiamo».
Perché queste azioni divine diventano importanti?
«Perché noi vediamo come queste azioni ispirate da Dio portino frutto nella vita dell’altro. In alcuni momenti, non sempre, ci è dato di vedere come queste azioni ispirate siano potenti e tocchino quelle corde profonde, quel midollo spirituale dell’altro, generando un'apertura alla trascendenza, al rapporto dell’altro con il Dio vivente che si fa presente, che si fa accanto al prossimo attraverso la nostra presenza. Ecco che l’inabitazione trinitaria, quindi, è una sorta di memoriale vivo delle parole che Dio ci dice e per le quali ci fa sentire preziosi, profondamente e continuamente amati e scelti, e di tutte le azioni che Dio compie attraverso la nostra vita quando aderiamo a ciò che ci viene annunciato. Tali azioni trasformano la vita del prossimo manifestando la potenza di questo amore misericordioso che porta la salute nella struttura interiore e quindi anche nella struttura esteriore della persona. Si può dire che fare memoria dell’opera di Dio in noi è vivere l’inabitazione trinitaria. Dio in questo modo si presenta non solo come compagno, come amico intimo, ma vive in noi continuando ad abitarci profondamente e ricordando al nostro cuore che siamo preziosi perché siamo infinitamente amati e che la nostra vita vale la pena, vale qualsiasi tipo di sofferenza perché annuncia, attraverso parole ed opere ispirate, un Bene che risana la vita dell’altro. L’inabitazione trinitaria quindi è Dio che si fa continuamente presente in parole ed opere nel nostro cuore e ci ricorda che siamo infinitamente amati, infinitamente preziosi, infinitamente necessari perché questa nostra vita è corrisposta da un dono totale di Dio che si fa tutto per noi come lo sposo per la sposa».


Perché nella vita mistica si parla di relazione sponsale fra la persona e il Dio vivente?
«Qui si apre questo rapporto di amore sponsale fra la persona e Dio Sposo Divino, un rapporto che non è solo spirituale ma che come già detto ha delle ripercussioni onnipotenti a livello di parole ed opere. Questa inabitazione trinitaria è un martirio d’amore: che cosa significa e come può essere possibile che l’amore di Dio, un amore perfetto, possa essere in noi un martirio, una gioia profonda e contemporaneamente un dolore inspiegabile? Questo è il mistero della Trascendenza che si fa immanente nella nostra vita e che eccede dalla vita del mistico diventando gioia senza fine che trabocca in un dolore che è un dolore dovuto sia il limite fisico che all'impossibilità di raggiungere quell’abbraccio pieno con Dio. Quindi possiamo fare un paragone: il mistico vive il dolore dell’impossibilità di possedere l’Altro e questo è un dolore simile a quello di due fidanzati che pur desiderando ardentemente di perdersi l'una nell’altro donandosi pienamente, però assaporano il dolore lacerante della mancanza di questa pienezza di unione. Essere una cosa sola per loro non è raggiungibile, perché sono soggetti al limite della fragilità. L'altro è accolto sempre in modo imperfetto, perché è amato nei nostri difetti, nelle nostre debolezze, nelle cadute, nella deformazione dell’amore. Pensiamo anche solo alla semplice gelosia, alla paura della perdita, alla paura di non aver l’altro/a tutto per noi, alla paura non essere più preziosi per l’altro, di non essere più l’oggetto prediletto dell’amore dell’altro. Ecco anche nel rapporto fra due promessi sposi c’è questa gioia dell’amore che è mescolata al dolore per l’imperfezione di questo amore, per l'incapacità di vivere pienamente l'unione. Questa dolorosa gioia si vive all’ennesima potenza nei confronti dello Sposo divino perché il mistico, colui o colei che si concede totalmente a Dio (vive questo rapporto di intima confidenza, di abbandono totale, di dono di tutto se stesso a Dio, quindi in pensieri, in parole in opere), vive la gioia di essere visitato e l’incapacità di godere pienamente di questa visita, perché assaporando la trascendenza di Dio che si fa immanenza nella sua vita, viene come strappato interiormente. Lo strappo dipende dal limite comprensibile della fragilità. Egli, quindi, è come in continua tensione verso un Oltre che non è mai pienamente raggiungibile in questa vita».
Sembra un martirio invece di una vita felice: perché?
«Questo è un martirio che diventa poi estremo nel rapporto con il prossimo perché lì si vive il dono totale che spesso non è corrisposto. E quindi questo amore è rifiutato; il bene annunciato è sempre condito con il male da sopportare. Questo martirio diventa per la persona, come per Dio, un iper-dono, un dono iper, cioè il per-dono che si concede all’altro; è la testimonianza della vita di comunione profonda con Dio e quindi è una sorta di necessità dell’amore. Facciamo un esempio concreto: tutti possiamo pensare ad una persona che amiamo tanto. Il rapporto forse più facile da raccontare, e che ognuno può comprendere, è quello fra mamma e figlio/a. Non è importante che si tratti di una madre biologica o adottiva o che sia una madre spirituale. Prendiamo ad esempio il rapporto di maternità e figliolanza. Dentro questo rapporto c’è il dono totale, che è un dono gratuito, che è un dare la vita per l’altro e l’altro è l’oggetto del nostro amore. L’altro viene amato a prescindere dalle proprie fragilità, viene amato anche nelle proprie fragilità affinché possano essere risanate».
E quindi l’amore materno cosa fa?
«La madre ama, serve, intercede per il figlio, riscatta. Questo rapporto d’amore gratuito è come un balsamo, un continuo balsamo per il cuore del figlio. È una sorta di presenza che continuamente accoglie, perdona, ri-immette sulla strada della Vita. C’è come una sorta di circolo d’amore fra la madre e il figlio che non finisce mai; la madre genera, poi la madre custodisce, la madre accompagna, la madre soffre per l’errore del figlio e della figlia, e la madre perdona, riabbraccia, risana le ferite, rialza lo sguardo del figlio e poi lo ripresenta, lo ripropone sulla strada della Vita e lo lascia libero di camminare accompagnandolo un passo indietro ma sempre pronta a soccorrerlo, riaccoglierlo, soffrire per le cadute, abbracciarlo, custodirlo, risanarlo, ungerlo con il balsamo del perdono, farlo sentire amato nonostante la fragilità e ri-immetterlo nuovamente sulla strada della Vita. Ecco questo Dio fa con noi e a questo noi siamo chiamati proprio attraverso la vita mistica per poterlo vivere nei confronti del nostro prossimo. Quindi siamo chiamati ad accompagnare l’altro/a, perché siamo noi stessi accompagnati da Dio. E allo stesso modo in cui Dio ci accompagna, noi siamo chiamati ad accompagnare il prossimo sulla strada della vita in questa dinamica di continua generazione del prossimo alla vita vera che è Cristo. Questa è la vita del mistico che è comprensibile come possa essere un martirio d’amore perché generare l’altro in Cristo è dare la vita per l’altro, è vivere in un continuo rapporto di intimità profonda con l’altro che forse non corrisponde, forse non comprende, forse continua ad essere recidivo nel male, forse ci rifiuta, forse grida la sua sofferenza e resta chiuso nel suo dolore mantenendo lo sguardo basso e ribellandosi anche all’amore che gli viene donato. Però il martirio del mistico, al quale ogni essere umano è chiamato, è un martirio d’amore ed è bene evidente in Cristo crocifisso che dice al Padre: “Padre perdonali perché non sanno quello che fanno”. Ecco ogni essere umano è chiamato a vivere ciò che Cristo vive sulla Croce: quell’abbandono e quel desiderio di salvezza, un desiderio profondo di risanare l’errore, la deformazione del fratello affinché possa innalzare lo sguardo e vedere il significato vero dell’esistenza, che è amore, è stare nell’amore cioè in Cristo, che è vivere per amore cioè per Cristo e camminare su questa strada, che è amore cioè con Cristo. Questa è la vita a cui ogni essere umano è chiamato, la vita mistica. La vita mistica è ciò che diventa poi in quest’ottica in modo ben comprensibile, strumento di dialogo con le altre fedi religiose, perché la vita mistica è desiderio profondo di salvezza del prossimo a prescindere dalla sua cultura e dalla sua fede religiosa, ed è anche quello che ci fa comprendere la sinodalità. Siamo chiamati a vivere questa vita di dono totale, questo lasciarci inabitare dalla Trinità e questo donarci in un martirio d’amore al prossimo affinché il prossimo possa assaporare la trascendenza che si fa immanenza nella sua vita. Ciò che ne scaturisce, uno dei frutti, oltre al primo, che è la salvezza dell’altro, è la strutturazione di una rete nello Spirito, perché poi quando lo sguardo si innalza ed inizia la vita mistica del prossimo, si attiva come una sorta di connessione fra il mistico ed il prossimo aperto alla vita mistica. E si struttura una rete, che è una rete d’amore dove si resta connessi profondamente con l’altro che vive il rapporto intimo con Dio. Possiamo parlare di rete nello Spirito, di rete nel Sangue di Cristo, di rete nel martirio d’amore o di rete nella vita del Dio vivente. E in questa rete si vive la sinodalità. Solo nel rapporto intimo con Dio, nella strutturazione di questa rete nel Sangue di Cristo, nella fratellanza in Cristo, quindi nella fratellanza goduta nel Sangue di Cristo e non nello sforzo razionale, si struttura questa rete nello Spirito, si vive la sinodalità e la pastorale secondo lo Spirito. E si vive anche si assapora la strutturazione, la crescita armoniosa, silenziosa poetica profondamente umana ed intrisa di vita di storia...è il Regno di Dio che cresce. È proprio Dio che si fa carne nella nostra storia e nella nostra vita e costruisce attraverso le parole e le opere che compiamo il Regno di Dio che è fatto di carne. Perché il regno di Dio, la gloria di Dio è l’uomo vivente.



