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Leone XIV ha una visione ampia di Chiesa e ha un cuore sinodale. Ha uno stile di governo sereno e pratico, ha fiducia nei collaboratori. Se il suo popolo prega per lui e lo sostiene con l’affetto, le grandi sfide ecclesiali saranno vinte.
Ne è certo monsignor Luis Marín de San Martín, sottosegretario del Sinodo dei vescovi, religioso agostiniano come il nuovo Papa, con il quale ha vissuto per cinque anni nella stessa comunità. Monsignor Marín, 63 anni, spagnolo di Madrid, ha inoltre condiviso con lui momenti di studio e lavoro già dagli anni in cui, dal 2001 al 2013, questi era priore generale degli Agostiniani.
Così racconta di un uomo che ama viaggiare e leggere – più saggi che romanzi –, che cura il canto liturgico, al calcio tifa Roma, è uno sportivo che ama giocare a tennis, è matematico e canonista, quindi razionale e ordinato. Ha imparato dalla madre tante cose pratiche per la vita di tutti i giorni.
Come sottosegretario del Sinodo, monsignor Marín partecipa a uno dei dieci gruppi post-sinodali sui temi “sensibili”, quello guidato dal cardinale Tobin che si occupa del rapporto tra i vescovi e i religiosi e le aggregazioni laicali. Di questo gruppo faceva parte anche il cardinale Prevost.
Per il sinodo c’era un percorso di lavoro fissato da papa Francesco nei giorni del ricovero al Gemelli, dal lavoro dei gruppi, nelle diocesi, fino alla assemblea ecclesiale del 2028. Come procederà il sinodo con il nuovo Papa?
«Non c’è dubbio che proseguirà il processo avviato da Francesco. Papa Prevost ha un senso teorico della sinodalità e della ecclesiologia, ma soprattutto pratico: promuovere la comunione per annunciare il Vangelo nel mondo di oggi. Si tratta di una sinodalità ecclesiale che si dovrà concretizzare. Ma lui è un uomo che prende delle decisioni, sa organizzare. Sulla tempistica aspettiamo le sue indicazioni, mentre alcune cose sono slittate per la morte di papa Francesco – proposta di programma, incontri – o già erano slittate (come la relazione dei gruppi di lavoro, spostata a dicembre), perché necessitavano di più tempo».
Quando, come vescovo di Chiclayo, Prevost l’ha invitata in Perù a collaborare ai processi di formazione del clero, lei ha toccato con mano il suo modo di essere vescovo. Inoltre collaboratori peruviani di monsignor Prevost raccontano di come rafforzasse la responsabilità dei laici e delle donne nella Chiesa già negli anni attorno al 2017…
«Prevost era un vescovo in mezzo al popolo, vicino alle necessità della sua gente, guidava moltissimo per raggiungere i luoghi più sperduti. Mi ha invitato a illustrare al clero della sua diocesi cosa fosse la sinodalità, questa grande sfida di papa Francesco che ci ha spinto a superare una Chiesa clericale, in cui il ministro sacro governa tutto e ha potere su tutto. Papa Prevost ha un’idea molto chiara: ciò che attiene alla responsabilità dei laici non è una concessione del clero ai laici. I laici possono fare ciò che non attiene al ministero ordinato, anche gli incarichi di responsabilità. Non sono gente passiva che deve ascoltare e basta. Si continua su questa strada, del resto il Papa ha già lavorato con noi nei gruppi sinodali».
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(foto in alto: Vatican Media)
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