PHOTO


Il mare, a Grotta Rossa, non si sente. Qui, tra il cemento delle case popolari e il profumo dei colli romagnoli, don Oreste Benzi piantò la sua sfida evangelica: far nascere la Comunità Papa Giovanni XXIII. Un prete di campagna, figlio di contadini, che con una tonaca lisa e un sorriso contagioso cambiò per sempre il modo di guardare ai più fragili.
Nato il 7 settembre 1925 a San Clemente, sulle colline di Rimini, Oreste Benzi crebbe in una famiglia semplice, imparando presto il valore del lavoro e della solidarietà. Ordinato sacerdote nel 1949, fu cappellano in una parrocchia di mare, dove iniziò a lavorare con i giovani portandoli in montagna, in campeggio, ma soprattutto tra i poveri, dove — ripeteva — “si vede il volto vero di Gesù”. Negli anni Sessanta, di fronte a bambini e ragazzi rifiutati dalle famiglie o relegati negli istituti, capì che non bastava assisterli: occorreva condividere la vita con loro, accoglierli in casa come figli e fratelli. Così nel 1968 aprì la prima casa famiglia, germoglio di quella Comunità Papa Giovanni XXIII che oggi è diffusa in decine di Paesi.


Riconoscibile per lo sguardo limpido e la voce ruvida, don Oreste passava le notti accanto alle donne sfruttate, bussava alle porte dei potenti per chiedere giustizia, apriva la sua casa agli ultimi. Con don Elio fu tra i primi parroci di Grotta Rossa, quartiere allora comunista: prima di costruire la chiesa volle un asilo e celebrava la Messa nei garage. Morì il 2 novembre 2007, a 82 anni, circondato dall’affetto della sua “grande famiglia” di poveri, amici e volontari. A tutti lasciava un saluto che era un programma di vita: «Siate santi», chiedendo di aspirare alla grandezza anche nelle cose più piccole.
A Rimini sono tornate in questi giorni anche alcune delle persone che lo hanno seguito sin dall’inizio. Mirella Rossi, 69 anni, di Savignano sul Rubicone, entrò in casa famiglia da ragazza dopo aver fatto un voto durante una malattia. «Mi sono ritrovata con ventisette ragazzi a Coriano — racconta — senza sapere come fare, ma con la certezza che serviva solo questo: una famiglia». Accanto a lei, nella parrocchia di Grotta Rossa, c’è Santina Tina Bartolini, 70 anni: a diciotto, senza neppure conoscerlo, disse “sì” all’invito di don Benzi a diventare mamma di chi non aveva nessuno. Quel sì l’ha portata in Zambia e poi in Australia, con figli che non erano più ospiti, ma famiglia.


A Saludecio, tra i campi e i raccolti, Giuseppe “Pino” Pasolini, 82 anni, e sua moglie Daniela Ermini, 77, sposati da 54 anni, hanno fatto della loro casa una casa famiglia per 52. «Ho fatto l’infermiere in un istituto per disabili, erano prigioni legali», racconta Pino. «Con don Oreste capimmo che la risposta era la famiglia». Oggi raccontano di decine di vite accolte: persone con disabilità, prostitute, migranti, senza dimora. «Non siamo speciali — aggiunge Daniela —, siamo solo una famiglia che non chiude la porta».
E la sua visione non si è fermata al passato. A Rimini, nella “Casa famiglia Nonno Oreste”, vivono Valeria Miele, 49 anni, e il marito cileno Hiessel Ángel Parra Halvarez, 44. Il cortile della loro casa è un caleidoscopio di voci: Cristopher che salta senza sosta sul tappeto elastico, Aurora e Nahuel che sparecchiano i piatti della merenda. «Qui non c’è differenza tra figli naturali e accolti — dice Valeria —, ci si vuole bene tutti insieme». Hiessel sorride: arrivò in Italia con una vita spezzata e trovò rifugio nella struttura per senza dimora dove don Oreste trascorse gli ultimi mesi e morì. «In lui vedevo un padre. Oggi so che la mia vita ha senso perché qualcuno mi ha voluto bene così».
La scena è semplice, ma potente: un cortile pieno di volti diversi che convivono in armonia. È il segno che la rivoluzione di don Oreste non si è fermata: il Vangelo vissuto, non proclamato, continua a generare futuro.


Dal 5 al 7 settembre 2025 Rimini ha celebrato il suo centenario con il convegno “Le Giornate di don Oreste Benzi”: tre giorni di incontri, preghiera e testimonianze per ricordare il prete dal sorriso contagioso e dalla tonaca lisa, e per raccogliere la sfida di continuare oggi la sua opera accanto agli scartati. Una festa di popolo, la grande famiglia radunata attorno a chi l’ha amata e generata.
Il suo messaggio resta più attuale che mai: «Non lasciatevi rubare la gioia di amare e di farvi amare». E sul numero in edicola di Famiglia Cristiana trovate un ampio reportage da Rimini, con un viaggio nei luoghi di don Benzi e nelle prime case famiglia che hanno dato corpo al suo sogno.
Foto di Elisabetta Zavoli



