Ispirata al passo del Vangelo di Matteo sulla strage degli innocenti, la Natività di quest'anno trasporta chi guarda direttamente tra le macerie di Gaza e delle troppe "Betlemme" dimenticate. La Fondazione ci ricorda che il tempo di re Erode è purtroppo più vivo che mai: i nuovi tiranni sono coloro che negano il futuro ai piccoli, e non solo sotto le bombe. Lo fanno in Sudan, reclutando bambini soldato, lo fanno costringendo le bambine a matrimoni precoci, sfruttando il lavoro minorile o deportando le famiglie senza documenti.

Di fronte a queste immagini di infanzia tradita, il presepe pone una domanda scomoda: cosa può fare ognuno di noi? La risposta è affidata alla figura centrale dell'installazione. Un personaggio senza volto, che porta in braccio Gesù Bambino — simbolo di una vita che resiste — ha al posto della faccia uno specchio.

Non è un semplice dettaglio artistico, ma una chiamata alla responsabilità: avvicinandosi, il visitatore vede il proprio volto riflesso nella scena. Come spiega Iole Romano, ideatrice dell'opera: «Sta a ciascuno, guardandosi nello specchio, scegliere se rimanere spettatore o farsi custode di quest’infanzia ferita».

Il presepe è allestito presso la Casa della Carità a Milano (ingresso da via Francesco Brambilla 10). Sarà visitabile tutti i giorni, dalle 9 alle 20, fino al 7 gennaio 2026.