«La cultura ecologica non si può ridurre a una serie di risposte urgenti e parziali ai problemi che si presentano riguardo al degrado ambientale, all’esaurimento delle riserve naturali e all’inquinamento. Dovrebbe essere uno sguardo diverso, un pensiero, una politica, un programma educativo, uno stile di vita e una spiritualità che diano forma a una resistenza».

È il pensiero centrale della catechesi di papa Leone XIV nell’udienza generale dedicata al rapporto tra la Resurrezione di Cristo e l’ecologia integrale e mentre a Belém, in Brasile, è in corso la COP30, il summit sui cambiamenti climatici “snobbato” da molti grandi del mondo.

Il Pontefice ha preso in prestito le parole di Papa Francesco nella Laudato si’, per rilanciare l’urgenza di una «conversione ecologica» che, ha detto, «i cristiani non possono separare da quell’inversione di rotta che seguire Gesù richiede loro». Tale conversione, per Leone, «inizia nel cuore ed è spirituale, modifica la storia, ci impegna pubblicamente, attiva solidarietà che fin d’ora proteggono persone e creature dalle brame dei lupi, nel nome e in forza dell’Agnello Pastore. Così, i figli e le figlie della Chiesa possono oggi incontrare milioni di giovani e di altri uomini e donne di buona volontà che hanno ascoltato il grido dei poveri e della terra lasciandosene toccare il cuore. Sono molte anche le persone che desiderano, attraverso un più diretto rapporto col creato, una nuova armonia che le porti oltre tante lacerazioni», ha continuato il Pontefice, «lo Spirito ci dia la capacità di ascoltare la voce di chi non ha voce. Vedremo, allora, ciò che ancora gli occhi non vedono: quel giardino, o Paradiso, cui andiamo incontro soltanto accogliendo e portando a compimento ciascuno il proprio compito».

«Se non è custode del giardino, l’essere umano ne diventa devastatore», ha detto il Pontefice, «coltivare e custodire il giardino è il compito originario che Gesù ha portato a compimento», ha fatto notare citando la Maddalena, che «piangendo vicino alla tomba vuota, non riconobbe subito Gesù risorto, ma pensò che fosse il custode del giardino». Maria Maddalena, ha commentato il Papa, «non sbagliò del tutto, credendo di incontrare il custode del giardino! Doveva, in effetti, riascoltare il proprio nome e comprendere il proprio compito dall’Uomo nuovo, quello che in un altro testo giovanneo dice: “Ecco, io faccio nuove tutte le cose”. La speranza cristiana risponde alle sfide cui oggi l’intera umanità è esposta sostando nel giardino in cui il Crocifisso è stato deposto come un seme, per risorgere e portare molto frutto», ha spiegato il Pontefice: «Il Paradiso non è perduto, ma ritrovato. La morte e la risurrezione di Gesù sono fondamento di una spiritualità dell’ecologia integrale, fuori dalla quale le parole della fede restano senza presa sulla realtà e le parole delle scienze rimangono fuori dal cuore». Un bagno di folla ha accolto il Pontefice in piazza San Pietro.

Prima dell’udienza ha fatto il giro in papamobile per salutare i fedeli mentre al centro della piazza proseguono i preparativi per l’allestimento del Presepe e dell’albero di Natale. Al termine della catechesi, nei saluti in varie lingue, il Papa ha voluto ricordare «i pescatori, in occasione della Giornata Mondiale della Pesca, che ricorrerà venerdì prossimo: Maria, Stella del mare, protegga i pescatori e le loro famiglie. Il mio pensiero», ha aggiunto salutando i pellegrini in lingua italiana, «va anche ai Bambini, che avrò la gioia di incontrare nella Giornata loro dedicata in programma dal 25 al 27 settembre 2026».

Il Pontefice ha salutato anche i pellegrini di lingua portoghese, «specialmente i gruppi venuti dal Brasile», rivolgendo loro un appello: «Se non siamo custodi del giardino della creazione, finiamo per diventarne devastatori. Invochiamo lo Spirito perché ci aiuti a custodire, con la stessa fede, la nostra casa comune e il nostro cuore». Infine, il saluto ai giovani: «Domenica prossima, ultima del tempo ordinario, celebreremo la solennità di Cristo, re dell’Universo. Ponete Gesù al centro della vostra vita», l’invito unito a quello a «porre Gesù al centro del vostro cammino matrimoniale», rivolto agli sposi novelli.



Martedì sera, all’uscita da Castel Gandolfo per fare ritorno in Vaticano, il Papa ha risposto alle domande di alcuni giornalisti affrontando alcune delle questioni più urgenti dello scenario internazionale. Il suo primo pensiero è andato alla guerra in Ucraina, che continua a mietere vittime innocenti. «Tutti i giorni stanno morendo persone», ha detto, ribadendo che «il fuoco deve fermarsi subito». Per il Pontefice la via d’uscita non può che passare da un dialogo “vero, non di facciata”, capace di aprire spiragli di pace concreta.

Lo sguardo del Papa si è poi spostato sugli Stati Uniti, dove i recenti provvedimenti sui migranti hanno acceso un acceso dibattito. Leone ha lodato la presa di posizione della Conferenza Episcopale Americana, ricordando che ogni Paese ha il diritto di gestire i propri confini, ma che questo non può mai tradursi in una negazione di dignità: «Le persone vanno sempre trattate con umanità. Sempre».

A preoccupare il Pontefice è anche l’instabilità di alcune regioni dell’Africa, in particolare la Nigeria, dove esplodono periodicamente violenze che colpiscono sia cristiani che musulmani. «Lì muoiono tutti», ha osservato, chiarendo che alla radice non c’è unicamente il fanatismo religioso: «C’è un intreccio di interessi, di controllo delle terre, di economia. Il terrorismo approfitta di questo». Per questo ha invocato un impegno congiunto di istituzioni e comunità locali per garantire una reale libertà religiosa.

Il Pontefice ha risposto anche su temi più personali, come la vita quotidiana del Papa nella residenza dei Castelli Romani. Con un sorriso ha raccontato che le sue giornate scorrono «con un po’ di sport, un po’ di lettura, un po’ di lavoro», una sorta di equilibrio che, ha confidato, «fa bene al corpo e all’anima». Castel Gandolfo per lui rimane un luogo di respiro, «uno stacco necessario» nel ritmo intenso del ministero petrino.

Non sono mancati accenni ai possibili viaggi futuri, pur con prudenza: «Vedremo cosa sarà possibile», ha detto. L’America Latina, forse il Perù, resta una meta probabile, così come un pellegrinaggio a Fatima o a Guadalupe, «ma senza forzare i tempi».

A chi gli ha chiesto della situazione del vescovo di Cadice e Ceuta, mons. Rafael Zornoza, accusato di presunti abusi su un minore risalenti agli anni '90, il Papa ha ribadito con fermezza l’importanza dei percorsi di indagine ecclesiali: «Ogni caso ha i suoi protocolli. Bisogna lasciare che il processo faccia il suo corso e garantire sempre uno spazio sicuro per le vittime».

Le parole del pontefice arrivano dopo che il caso di presunti abusi sessuali è stato portato all'attenzione della Santa Sede, con un’indagine avviata circa quattro mesi fa dal Dicastero per la Dottrina della Fede, secondo quanto rivelato la scorsa settimana dal quotidiano El Pais. I presunti abusi sessuali denunciati da un ex seminarista sarebbero stati commessi negli anni '90, quando l'attuale vescovo di Cadice era sacerdote e direttore del seminario maggiore di Getafe (Madrid). Lunedì Leone XIV ha ricevuto in Vaticano i vertici della Conferenza episcopale spagnola (Cee). Al termine dell'incontro, il presidente della Cee, Luis Arguello, ha confermato che la Santa Sede sta valutando la possibilità di accettare la rinuncia di Zornoza - che aveva presentato 15 mesi fa le dimissioni volontarie come vescovo, al raggiungimento dei 75 anni, età di pensionamento per i prelati - pur senza fornire una tempistica precisa.