Antico e moderno. Reliquie e social media. Latino e reel. Lacrime e preghiere. Strana traiettoria quella della canonizzazione di Pier Giorgio Frassati e Carlo Acutis.

Dovevano essere proclamati santi da papa Francesco – Acutis il 23 aprile, Frassati il 3 agosto durante il Giubileo dei giovani – e invece sono i primi santi del pontificato di Leone XIV. Il quale, a sorpresa, poco prima dell’inizio della celebrazione, arriva sul sagrato di piazza San Pietro per salutare i fedeli, le delegazioni ufficiali (a rappresentare l’Italia, ci sono il presidente della Repubblica Sergio Mattarella e il presidente della Camera dei deputati Lorenzo Fontana): «Anche se la liturgia di oggi è solenne, questo è un giorno di festa, di gioia», scandisce, a braccio, il Pontefice che dà appuntamento alla fine quando con la papamobile passerà in tutti i settori a salutare i fedeli da vicino.

A San Pietro – dove alla fine arriveranno quasi 100mila persone con la folla che riempie anche via della Conciliazione fino a piazza Pia – i tornelli aprono attorno alle sei e mezza del mattino ma i controlli per accedere alla piazza creano code lunghissime che si protraggono fino a poco prima dell’inizio della celebrazione.

Alla vigilia di questa canonizzazione, in questo ultimo scampolo, bollente, d’estate, Roma sembrava sorniona, silente, poco affollata. E invece nella notte – con treni speciali e pullman – sono arrivati centinaia di migliaia di pellegrini da tutta Italia. Circa un migliaio da Milano, la diocesi di Carlo Acutis, con l’arcivescovo Mario Delpini che concelebra la Messa insieme al Papa. Poco meno di mille anche da Torino, la città di Frassati, con l’arcivescovo Roberto Repole che concelebra anche lui.

Un treno speciale è arrivato alla stazione di San Pietro direttamente da Assisi, la città dove Acutis è stato beatificato nel 2020 e dove, nel Santuario della Spogliazione, riposano le spoglie con una webcam che inquadra fissa il suo volto di adolescente, vestito in jeans e scarpe da tennis. La stessa mise della foto scelta dal Vaticano per l’arazzo ufficiale posto sulla facciata della Basilica di San Pietro mentre dall’altro lato campeggia quella in bianco e nero di Pier Giorgio Frassati con le braccia conserte, giacca e cravatta e il sorriso sornione, appena abbozzato.



Santi giovani. Santi paralleli, sia pure a un secolo di distanza, Santi diversi eppure complementari. Frassati, pienamente novecentesco, è morto a 24 anni nel 1925, cent’anni fa esatti, colpito da una poliomelite contratta per aiutare i malati. Acutis, il primo Santo della generazione Millennial, a 15 anni nel 2006 per una leucemia fulminante.

«Li tiene insieme l’amore per i poveri, la carità cristiana esercitata con discrezione, impegno e abnegazione», dice una ragazza arrivata dal Brasile. E il Brasile – ma tutto il Sudamerica – è attraversato da una devozione profonda, quasi viscerale per il “santo ragazzino” che utilizzava Internet per evangelizzare e far conoscere i miracoli eucaristici sui quali aveva realizzato una mostra multimediale che in questi anni ha girato moltissimi Paesi.

Jaine Lorena è arrivata da Rio de Janeiro e si avvolge in una bandiera del suo paese con l’immagine di Acutis: «Non potevo mancare», dice, «è una figura che sento vicina per la mia fede». Daniela, dalla Colombia, dice in perfetto italiano che Carlo Acutis l’ha aiutata per la sua devozione eucaristica.

Gli stendardi con le immagini di Frassati sono meno “da santino”. C’è la Compagnia dei tipi loschi con Pier Giorgio – si chiama proprio come il neo Santo – arrivato da San Benedetto del Tronto insieme ai suoi amici: «Frassati», dice, «aveva una santità allegra, gioviale, scanzonata. È quello che mi colpisce di più».

Sventolano le bandiere dell’Azione Cattolica, dove Frassati militava e si è formato, citata da Papa Leone nell’omelia, e su molti striscioni campeggia la frase che il figlio del laicissimo direttore della Stampa ripeteva a tutti, “Verso l’alto”, coniugando la sua fede con la passione per la montagna.

Due santi italiani ma anche internazionali nella capacità di abbracciare sguardi, stringere vite, accompagnare tante persone di ogni parte del globo e il cui messaggio - soprattutto per Acutis - è arrivato ovunque grazie proprio a Internet e ai social media.

Brigitte arriva dall’Australia, indossa la t-shirt con i due santi raffigurati a mo' di fumetto e ha partecipato, insieme ai missionari digitali, a un momento di preghiera sabato sera nella chiesa di San Lorenzo, a due passi dal Vaticano: «Acutis è straordinario».

Un monsignore arrivato da Assisi, Antony Figueiredo, porta un reliquiario con alcune reliquie di Acutis. Una signora brasiliana le chiede di benedire il suo smartphone, lo fa accostare alle reliquie e durante la preghiera scoppia a piangere. Altri riprendono la scena.

Accanto al colonnato, dal lato di piazza Sant’Uffizio, c’è un gruppo di giornalisti e cameramen. Passa un gruppo di ragazzi inglesi: «What's happening here?». Sta per arrivare la madre di Acutis, Antonia Salzano, che racconta com’è essere madre di un Santo e assistere alla sua canonizzazione: «Carlo», dice, «mi ha salvata, io avevo una fede tiepida e incostante. Lui mi ha fatto capire tante cose». Poi, alla domanda su che cosa consisteva l’attività di "influencer di Dio" del figlio, la madre risponde: «Oggi gli influencer devono veicolare valori buoni come ha fatto Carlo nella sua vita».

A occhio, i ragazzini seguono più Acutis, santo contemporaneo, giovani e adulti Frassati. «Ma non è un derby», dice un monsignore che arriva per concelebrare la Messa. Elena, dal Veneto, la mette giù così: «Perché Acutis e Frassati ci piacciono tanto e vanno forte anche sui social? Perché sono santi semplici, della porta accanto, normali, persino con tanti difetti. Se ce l’hanno fatta loro a diventare santi, perché non possiamo farcela anche noi?».