PHOTO
Immaginate di vivere in un mondo dove la vostra libertà si misura in marciapiedi attraversati in fretta, chiavi strette tra le dita come arma improvvisata, sguardi bassi per non attirare attenzioni indesiderate. Immaginate che quel mondo sia il vostro ogni giorno. Per milioni di donne, oggi, non è immaginazione: è realtà quotidiana. Ma cosa accadrebbe se fosse il contrario, se a portare addosso questo fardello fossero gli uomini? È da questa domanda che prende forma Al suo posto, l’ultimo lavoro della compagnia TeatRing, in scena al Fringe Milano Off Festival dal 2 al 5 ottobre e poi al Fringe Catania Off dal 16 al 19 ottobre.
Uno spettacolo che non mette in scena vittime straziate o corpi violati, ma sceglie una strada laterale e sorprendente: raccontare la discriminazione di genere ribaltando i ruoli. Al suo posto ci porta in un universo matriarcale, dove quattro amici al bar discutono dei problemi di tutti i maschi del mondo: conciliare carriera e paternità, mantenersi giovani e belli, affrontare le discriminazioni di un mondo guidato dalle donne. In una cornice che inizialmente sembra da commedia americana, lo spettatore ride, si diverte, si riconosce. Ma il sorriso si fa amaro quando la trama scivola nelle zone d’ombra di abusi e soprusi, riflesso fedele e disturbante di ciò che ogni giorno vivono le donne.
La forza dello spettacolo sta proprio in questo gioco di specchi: calare gli uomini, letteralmente, “al posto” delle donne. Far emergere con semplicità – e per contrasto – tutto ciò che troppo spesso viene rimosso o considerato normale. Fischi, frasi volgari, mani addosso non richieste, controlli continui sul proprio corpo e sui propri spazi: violenze piccole e grandi che, sommate, diventano la gabbia invisibile di un patriarcato che ancora soffoca le nostre società. Un peso che gli uomini, per lo più, non sono costretti a portare.
Diretto e scritto da Marianna Esposito, con in scena Diego Paul Galtieri, Giulio Federico Janni, Francesco Meola e Libero Stelluti, Al suo posto è vincitore del bando “6controlaviolenza” del Comune di Milano. Non è solo teatro, ma atto civile: un invito ad ascoltare, a mettersi nei panni dell’altro, a comprendere in profondità ciò che spesso rimane relegato alle cronache di femminicidi e di violenze quotidiane che ormai non fanno più notizia.


La compagnia TeatRing, attiva dal 2004 e da sempre impegnata nella ricerca di un linguaggio teatrale poetico e civile, riesce qui a coniugare leggerezza e impegno, ironia e denuncia. Non ci sono scene cruente, né la riproposizione di fatti di sangue: c’è piuttosto un ribaltamento che obbliga lo spettatore a guardarsi dentro. Perché ridere di quattro uomini che temono di camminare da soli di sera fa sorridere, sì, ma poco dopo apre uno squarcio di consapevolezza: è questa la paura che migliaia di donne vivono da sempre.
Il teatro, in questo caso, diventa un “luogo sicuro” per dire ciò che spesso non si vuole ascoltare. Non con proclami o statistiche, ma con storie. Con l’arte che spinge ad abbattere muri di indifferenza. E proprio nella scelta di raccontare la discriminazione “al contrario” c’è la potenza di un linguaggio che scuote senza colpevolizzare, che accompagna senza sconti ma anche senza accuse frontali.
Dal parco Center di Milano al Palazzo Scammacca del Murgo di Catania, Al suo posto promette di essere non solo uno spettacolo teatrale, ma un’esperienza di coscienza collettiva. Nel tempo dei femminicidi che riempiono le cronache, dei dibattiti sul patriarcato e delle nuove forme di violenza contro le donne, TeatRing consegna al pubblico un’occasione per cambiare prospettiva e provare, almeno per una sera, a guardare il mondo con occhi diversi.
E se il teatro non può fermare la violenza, può però fermare per un momento lo sguardo distratto e accendere lampade di comprensione. Può costringerci a porci la domanda più scomoda e necessaria: “E se fossi io, al suo posto?”.



